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NUMERO 15 - 29/07/2009

 Che cosa resta del servizio universale nelle comunicazioni elettroniche

Secondo una definizione ufficiale (considerando n. 4, Dir. 2002/22/CE), il servizio universale è “la fornitura di un insieme minimo definito di servizi a tutti gli utenti finali a prezzo abbordabile”, eventualmente diverso “da quello risultante dalle normali condizioni di mercato”.
Anche se talora si è parlato di servizio universale come di una nozione nuova rispetto a quella tradizionale di servizio pubblico, in realtà l’idea-base di servizio universale è coessenziale a quella di servizio pubblico. L’azione statale in materia di servizi pubblici è infatti essenzialmente diretta proprio a garantire la fruizione generalizzata di certi beni o servizi da parte di tutti i cittadini, dietro pagamento di equi corrispettivi (e, almeno di norma, non gratuitamente, perché altrimenti entreremmo nel campo della fornitura di “beni pubblici”, di solito rientranti nell’esercizio di pubbliche funzioni).Nella disciplina tradizionale dei servizi pubblici la garanzia del servizio universale non era concettualmente evidenziata, all’interno della disciplina. L’idea di base era quella per cui, al fine di garantire il servizio pubblico, era necessario individuare selettivamente i produttori del servizio stesso e proteggerli dai rischi dell’instabilità del mercato. Da qui lo strumento del monopolio legale amministrativamente regolato, come modello-base di disciplina della produzione del servizio. Oppure, in alternativa, il modello della concessione ad un numero chiuso di esercenti privati, anche qui con una pervasiva regolazione sulla qualità del servizio, sui prezzi etc., e contestualmente protezione dalla concorrenza esterna (è questo il modello normativo che tuttora vige, per esempio, per i farmacisti, per i notai, o per gli esercenti “servizio pubblico di trasporto non di linea”, cioè taxi).
Nel modello tradizionale l’obiettivo della “universalità del servizio” era però sempre perseguito dalla regolazione amministrativa. La protezione dell’esercente dalla concorrenza di terzi consentiva altresì di configurare, come strumento essenziale di finanziamento del servizio pubblico, quello della cross-subsidization fra le prestazioni marginali ma socialmente giustificate, che non sarebbero state offerte in caso di normale funzionamento del mercato, e i sovrapprofitti provenienti dai segmenti di mercato più remunerativi.


(segue)



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