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NUMERO 24 - 29/12/2010

 Prime osservazioni sulla sentenza n. 326 del 2010: una sentenza quasi additiva? (ovvero: il legislatore non dimentichi ragionevolezza e proporzionalità)

Con la sentenza in oggetto la Corte costituzionale è chiamata nuovamente a verificare l’operato del legislatore con riferimento all’annosa querelle concernente gli “intrecci di competenze”, in particolare con riferimento al coordinamento della finanza pubblica ed all’ordinamento delle comunità montane. L’argomento rimbalza periodicamente dal livello politico – laddove vengono con ricorrenza in auge velleità di soppressione di tali enti – alle questioni sottoposte al vaglio della Corte, ogniqualvolta il legislatore, in nome dell’obiettivo del contenimento della spesa pubblica, procede alla riduzione delle risorse destinate alle comunità montane ovvero tenta di operarne un riordino. Dopo un primo filone risalente al 2005-2006, nel quale la Corte ha affermato che l’ordinamento delle comunità montane rientra nella competenza legislativa residuale delle Regioni ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost., con due più recenti sentenze del 2009 e del 2010 ha dovuto occuparsi più specificamente di veri e propri tentativi di razionalizzazione effettuati dal legislatore nazionale. Con la sentenza n. 237 del 2009 sono state ritenute parzialmente illegittime le disposizioni contenute nei commi da 16 a 22 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Già in tale sede la Corte aveva rammentato che “nel caso in cui una normativa interferisca con più materie attribuite dalla Costituzione, da un lato, alla potestà legislativa statale e, dall’altro, a quella concorrente o residuale delle Regioni, occorre individuare l’ambito materiale che possa considerarsi nei singoli casi prevalente”.  Da tale presupposto ha poi legittimato in parte le disposizioni censurate laddove esse possono trovare collocazione nella materia dell’armonizzazione dei bilanci pubblici e del coordinamento della finanza pubblica, prevista tra quelle di competenza concorrente dall’art. 117, terzo comma, Cost.. Per contro, illegittima, in quanto determinante un vulnus alle prerogative di autonomia costituzionale delle Regioni, è stata considerata la previsione di puntuali disposizioni “sanzionatorie” dell’eventuale mancata attuazione del riordino (comma 20).

 



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