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NUMERO 5 - 09/03/2011

 Note sul diritto fondamentale all'acqua. Proprietà del bene, gestione del servizio, ideologie della privatizzazione

Diritto all’acqua e previsioni costituzionali. – Il diritto all’acqua – il suo riproporsi come problema, per la negazione di cui soffre in forza degli stati di crisi e di conflitto armato, mai sopiti ovunque e del tutto, e per essere la sua violazione l’indicatore di perduranti diseguaglianze tra singoli o gruppi sociali e tra parti del mondo – è lo “scandalo”, la pietra d’inciampo in ogni percorso, teorico o dogmatico, rivolto a costruire ordinate tassonomie dei diritti fondamentali. Uno scandalo rimosso, sembrerebbe: la Costituzione italiana, come altre Costituzioni, non contiene alcun autonomo riferimento al diritto all’acqua; né formule normative intese a qualificare un diritto soggettivo o collettivo all’acqua si rinvengono nei testi del diritto internazionale .
Il tema del diritto all’acqua viene, dunque, quasi naturalmente attratto nel contesto del dibattito – non risolto e forse, in qualche caso, un po’ consunto – sulla lettura dell’art. 2 Cost. come norma a “fattispecie aperta” o, all’opposto, a “fattispecie chiusa”; o anche – essendo pressoché inevitabile che, nel sedimentarsi del confronto, si creino posizioni “terze” – come norma, per così dire, a “fattispecie semipermeabile” al processo storico di espansione delle garanzie dei diritti (un modo per richiamare l’opportunità di non pervenire ad eccessi, nella ricostruzione del tessuto dei diritti costituzionalmente protetti)... (segue)



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