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FOCUS - Osservatorio sui simboli politici

 Tribunale, Roma, Ordinanza del 23/03/1995, in tema di legittimità delle decisioni interne a un partito e rispetto del suo statuto (Bianco e altri c. Buttiglione, g.d. Macioce)

La «crisi» del partito politico è pertanto, per la Repubblica, una vicenda meramente privata degli associati: la tutela giudiziaria si offre ad essi per il ripristino della legalità interna.
Non è legittima la deliberazione adottata da un organo che, in base al nuovo statuto, non risulta più competente ad adottarla (e che comunque veda l’applicazione di normativa utilizzabile da altro ed inesistente organo).
La prorogatio degli organi di giurisdizione domestica e di fonte contrattuale non può «presumersi» nell'intesa dei contraenti e va, di contro, esclusa le volte in cui sussista clausola di normativa transitoria che non faccia ad essa alcun cenno; anche qualora la si ritenesse operante, l'organo in prorogatio dovrebbe comunque applicare la normativa in vigore e non quella precedente.
Le dimissioni restano atto unilaterale (anche verbale) recettizio, espressione di libertà personale, sempre revocabile sino all'accettazione e non suscettibili di apposizione di condizione.
Appare inesistente un principio generale del nostro ordinamento che conforti interpretazioni suppletive delle previsioni statutarie in tema di «continuità» e «sopravvivenza» del Partito politico, tali da imporre al giudice – chiamalo all'interpretazione – di riempire i «vuoti» del regolamento statutario per impedire la crisi dell'organismo partitico.
L'esigenza della lotta politica non può prevalere sul rispetto minimo delle regole statutarie, rendendo lecita la commissione di una violazione statutaria in risposta ad altra violazione statutaria.



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