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NUMERO 22 - 16/11/2011

 Luci e ombre in tema di ottemperabilità della decisione resa su ricorso straordinario al Presidente della Repubblica

La valorizzazione in termini di effettività del principio di alternatività, che informa il rapporto tra il ricorso giurisdizionale e il ricorso straordinario, ha spinto fin da epoca risalente dottrina e giurisprudenza ad interrogarsi sull’ottemperabilità della decisione straordinaria.     L’importanza del tema è tale da aver assorbito gran parte della riflessione dogmatica sul ricorso straordinario. In assenza di qualsiasi supporto normativo su cui fondare l’esperibilità del ricorso per l’ottemperanza delle decisioni rese su ricorso straordinario, è apparso obbligato il percorso logico-giuridico da seguire: bisognava attraversare “le forche caudine” della natura dell’Istituto. Solo dopo aver (faticosamente) dimostrato l’avvenuta “giurisdizionalizzazione” del gravame (e la conseguente equiparazione del decreto presidenziale al giudicato), era possibile compiere il passo successivo, ovvero, aprirgli le porte del giudizio di ottemperanza. In effetti, il denso dibattito giurisprudenziale e dottrinale sulla natura dell’Istituto sarebbe stato fortemente ridimensionato dall’introduzione di una dirimente disposizione di diritto positivo, che avesse espressamente incluso la decisione straordinaria nel catalogo dei provvedimenti ottemperabili. Nemmeno il Codice del processo amministrativo ha fornito una risposta esplicita alla problematica in discussione (nonostante le inequivoche intenzioni emerse nel corso dei lavori preparatori), anzi, la sua reticenza in proposito ha indotto le Massime Giurisdizioni a convergere, dopo una querelle durata circa sessant’anni, su una posizione non priva di contraddizioni, oltre che foriera di incertezze applicative... (segue)

 



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