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NUMERO 12 - 13/06/2012

 Ricadute processuali a fronte dell’esercizio dei nuovi poteri rimessi all’AGCM ex art.21-b della l.287/1990.Legittimazione al ricorso ed individuazione dell’interesse alla sollecitazione del sindacato

“Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia: essamina le colpe ne l'intrata; giudica e manda secondo ch'avvinghia”. La celebre terzina dantesca contenuta nel Canto V dell’Inferno, come è noto, scolpisce con la vivida ed al tempo stesso impressionante sinteticità propria del Genio la funzione del Giudice infernale, al quale, posto all’ingresso dell’Ade (non proprio, in verità, in quanto l’ubicazione del re di Creta si trova all’accesso del secondo cerchio, contenente – forse non a caso – i lussuriosi) è attribuito il compito di regolamentare i flussi di entrata al luogo di pena, esprimendo la collocazione espiativa con il plastico avvolgimento della coda (in un numero di giri corrispondente al cerchio di destinazione). Il provocatorio riferimento alle attribuzioni infernali rimesse al pur saggio re cretese è stato in me indotto dalla rimodellata configurazione delle attribuzioni dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato: la quale viene a trovarsi ora collocata “all’ingresso” del mercato, sì da poter orientarne la configurazione a mezzo dell’esercizio di poteri direttamente o indirettamente funzionali alla relativa disciplina di carattere regolamentativo. L’art. 35 del decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201, convertito con modificazioni in legge 22 dicembre 2011 n. 214, ha infatti introdotto l’art. 21-bis della legge 10 ottobre 1990 n. 287, stabilendo che: “L'Autorità garante della concorrenza e del mercato è legittimata ad agire in giudizio contro gli atti amministrativi generali, i regolamenti ed i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato” (comma 1); “L'Autorità garante della concorrenza e del mercato, se ritiene che una pubblica amministrazione abbia emanato un atto in violazione delle norme a tutela della concorrenza e del mercato, emette, entro sessanta giorni, un parere motivato, nel quale indica gli specifici profili delle violazioni riscontrate. Se la pubblica amministrazione non si conforma nei sessanta giorni successivi alla comunicazione del parere, l'Autorità può presentare, tramite l'Avvocatura dello Stato, il ricorso, entro i successivi trenta giorni” (comma 2). Nel soggiungere, ai fini della necessaria completezza del riferimento normativo, che il terzo ed ultimo comma dell’articolo in questione prevede che “Ai giudizi instaurati ai sensi del comma 1 si applica la disciplina di cui al Libro IV, Titolo V, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”, la prima considerazione che ha in me suscitato l’ampliamento dei poteri di AGCM è stata rappresentata dal “tramonto” di una sistematica interpretativa che collocava l’Autorità quale organo regolatore del (/nel) mercato e non già “per” il mercato. Mi riferisco ad una non recentissima sentenza della I Sezione del T.A.R. del Lazio, avente ad oggetto un’impugnativa nella quale si contestava, tra l’altro, che l’accoglimento di taluni impegni da parte di AGCM si dimostrasse complementare all’esercizio di un potere regolatorio del (di quel) mercato – volto ad una integrale “riscrittura” delle regole che ne presidiavano gli accessi e lo stesso funzionamento – asseritamente estraneo alle attribuzioni rimesse all’Autorità... (segue)



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