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NUMERO 21 - 07/11/2012

 Il diritto di petizione nell’Unione europea: uno strumento davvero mineur?

La peculiare rilevanza del diritto di petizione previsto nell’ordinamento dell’Unione europea è stata segnalata nella “Risoluzione del Parlamento europeo sulle deliberazioni della commissione per le petizioni nell’anno parlamentare 2003-2003 (2003/ 2069(INI))”, ove si è evidenziato che tale strumento, insieme al ricorso al Mediatore europeo, «sono le uniche espressioni della cosiddetta democrazia diretta, a disposizione dei cittadini europei, mancando nel quadro del diritto costituzionale dell’Unione il referendum e le leggi di iniziativa popolare». La sua origine è fatta risalire ad una risoluzione del Parlamento europeo del 1977, in cui si invitava la Commissione a considerarlo tra i diritti da riconoscere in via prioritaria ai cittadini. Solo con la formale modifica del Regolamento interno del Parlamento europeo, però, questo istituto inizia a prendere corpo, mentre la Commissione per le petizione venne istituita solo nel 1987. Nel 1989, poi, ci furono “Scambi di lettere tra il Parlamento Europeo, il Consiglio e la Commissione delle Comunità europee”, in cui le istituzioni comunitari manifestarono la necessità, d’intesa con gli Stati membri, di collaborare nel dargli attuazione. Ma il vero riconoscimento formale, la “costituzionalizzazione”, si ebbe solo con il trattato di Maastricht del 1992, allorquando la petizione è stata disciplinata in un atto fondamentale europeo con il rango di diritto; da allora in poi, crebbe in modo considerevole il suo utilizzo. Gli artt. 8 D e 138 E lo disciplinavano in modo analitico; la numerazione cambiò con il Trattato di Amsterdam che ne lasciò immutato il contenuto... (segue)



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