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di Giovanni Maria Flick
Diritto e disabilità o “diritto alla disabilità”?
Sono rammaricato di non aver potuto seguire i lavori di ieri e di questa mattina. Io mi sono occupato molto, soprattutto negli ultimi tempi, di diritti fondamentali, avendo lavorato a quello strano tribunale che è la Corte costituzionale, che non giudica gli uomini o i fatti ma giudica le leggi. L’unico contributo che potrò dare al convegno è ascoltare, imparare, cercare di riassumere ciò che avranno detto gli altri e velocemente dirvi come io vedo la disciplina della disabilità in una Costituzione che va riletta prima di riscriverla: oggi si parla troppo di riscrivere la Carta anche da parte di chi non l’ha letta, mentre invece rileggendola, a mio avviso, è possibile attualizzarla profondamente. Da quello che ho sentito oggi e da quello che ho potuto leggere, mi rendo conto che in fondo la legge 104 del 1992, che compie vent’anni, è un documento estremamente valido. L’aveva già detto la Corte costituzionale con una sentenza del 1992, la n. 406 − io vengo dalla Corte e quindi posso basarmi soprattutto su quella esperienza − riconoscendo che quella legge propone un quadro globale ed organico di tutela e incide perciò su una serie di settori che vanno dalla ricerca scientifica all’intervento sanitario assistenziale; dall’inserimento che è il clou dell’inclusione, nella formazione e nel lavoro, all’integrazione scolastica e all’eliminazione delle barriere. Che una legge di vent’anni fa avesse questa apertura mi sembra estremamente importante ed estremamente significativo, al di là della necessità di adeguamento. Tra l’altro è curioso ricordare che, la prima volta, questa legge andò alla Corte costituzionale per problemi di competenza: lo Stato e le Regioni si litigavano chi era competente a fare che cosa. Ecco, la Corte riuscì a dire: guardate, è una legge troppo importante, è troppo globale per bruciarla nelle diatribe di rivendicazione delle competenze... (segue)
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