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NUMERO 16 - 07/08/2013

 Il federalismo fiscale a quattro anni dalla legge delega: l’enigma dei costi standard

Negli ultimi quindici anni l’Italia ha intrapreso un percorso di revisione in senso federale del proprio ordinamento – in parte – a causa dell’affermazione di forze politiche che hanno trovato in alcuni contenuti delle teorie del decentramento fiscale punti di contatto con le reali esigenze che perseguivano (principio della corrispondenza nella redistribuzione delle risorse) – in parte – per logiche rispondenti a un effettivo bisogno di un cambiamento di rotta relativamente a situazioni di finanziamento delle inefficienze e a carenza di trasparenza nella gestione della finanza pubblica. In parallelo alle dinamiche politico-istituzionali hanno trovato sempre maggiore spazio nell’opinione pubblica e nel campo dottrinale quelle relative alla finanza pubblica multilivello. Il processo di decentramento delle competenze e delle risorse, cominciato nei primi anni ‘90, ha trovato parziale sistematizzazione con la riforma del Titolo V della seconda parte della Costituzione. Da quel momento una serie di infruttuosi tentativi si sono susseguiti con l’intento di attuare i precetti costituzionali contenuti nell’articolo 119. Un percorso culminato con l’approvazione della legge 5 maggio 2009, n. 42, con la quale il Parlamento ha conferito al Governo apposita delega per l’adozione di uno o più decreti legislativi, secondo le scadenza stabilite dalla medesima legge, mirati all’attuazione dell’articolo 119 della Costituzione attraverso la ridefinizione di un nuovo assetto dei rapporti economico-finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali, incentrato sul superamento del sistema di finanza derivata e sull’attribuzione di una maggiore autonomia di entrata e di spesa a comuni, province, città metropolitane e regioni... (segue)



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