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NUMERO 21 - 23/10/2013

 Il ruolo del riconoscimento degli insorti nella promozione del principio di autodeterminazione interna: considerazioni alla luce della 'Primavera Araba'

Gli eventi rivoluzionari che stanno ridisegnando lo scacchiere geo-politico del mondo arabo (e non solo) – ai quali media ed analisti politici, specialmente occidentali, sono soliti riferirsi con l’espressione “Primavera Araba” – sono ampiamente noti e possono essere richiamati brevemente. A partire dalla metà del mese di dicembre del 2010, l’area nordafricana e quella mediorientale sono state attraversate da manifestazioni e rivolte popolari che, pur originando da rivendicazioni di tipo economico e sociale, si sono rapidamente evolute in un attacco a tutto campo contro il potere costituito, volto ad ottenere la completa destituzione della classe di governo e la riforma in senso democratico dello Stato. In alcuni casi, il malcontento popolare è sfociato in vere e proprie guerre civili, che hanno diviso in due i rispettivi Paesi, con una parte controllata dai ribelli ed un’altra soggetta alle forze governative. Questo scenario – che ha caratterizzato i moti rivoluzionari in Libia (e, in misura minore, nello Yemen), ed ancora descrive la crisi siriana – è senz’altro quello che ha sollevato maggiori questioni dal punto di vista del diritto internazionale. Come spesso accade in presenza di fenomeni di tale intensità e durata, infatti, gli Stati si sono trovati nella necessità di prendere posizione sul conflitto in corso, anche – e soprattutto – al fine di definire i propri rapporti con gli insorti. Con riferimento alla situazione libica ed a quella siriana, peraltro, quest’esigenza si è fatta vieppiù pressante in ragione delle esplicite richieste di legittimazione internazionale provenienti dai ribelli... (segue)



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