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NUMERO 22 - 06/11/2013

 Integrazione linguistica e immigrazione. Approcci e tendenze nel diritto comparato europeo

Negli ultimi decenni il continente europeo è progressivamente diventato terra di immigrazione. L’intensificarsi dei flussi migratori da paesi extraeuropei ha riproposto con drammatica attualità, specialmente dall’inizio del nuovo millennio, l’esigenza di predisporre ai diversi livelli istituzionali adeguati strumenti di regolamentazione di un fenomeno che appare modificato non soltanto in termini quantitativi, ma altresì sotto l’aspetto qualitativo. Tralasciando la condizione peculiare dei rifugiati politici, è sempre più diffusa, infatti, la tendenza dei cittadini extracomunitari che giungono in Europa per ragioni economiche e lavorative a non fare rientro nei paesi di origine, bensì a stabilirsi nei luoghi di immigrazione, spesso facendosi raggiungere dai loro familiari. Il forte impatto – demografico, sociale, culturale, economico e politico – determinato da queste trasformazioni ha sospinto gli stati dell’Unione europea a ripensare i modelli a lungo sperimentati nell’approccio alle migrazioni da paesi terzi. Peraltro, alla riforma delle normative vigenti i legislatori nazionali sono stati indotti, dopo i tragici eventi del settembre 2001, anche dalla minaccia del terrorismo internazionale, soprattutto di matrice islamica, e dalla connessa necessità di salvaguardare la sicurezza delle proprie frontiere, nonché di mantenere la coesione sociale. Ne è conseguita l’adozione di rinnovate (e più severe) politiche migratorie, rispetto alle quali l’Unione si limita a tracciare principi e linee comuni, in modo da lasciare alla discrezionalità e alla sovranità degli stati membri la concreta definizione di misure e condizioni relative all’ingresso, al soggiorno, alla integrazione ed, eventualmente, alla naturalizzazione degli stranieri legalmente presenti nei rispettivi territori... (segue)



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