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di Antonio Ruggeri
Diaologo tra le Corti e tecniche decisorie, a tutela dei diritti fondamentali
Del “dialogo” tra le Corti, con specifico riguardo ai rapporti tra Corti europee e giudici nazionali (costituzionali e non), si discorre animatamente da tempo; e il dibattito va crescendo a ritmi serrati, con esso però parimenti crescendo, per varietà di orientamenti e di esiti ricostruttivi, i modi d’intenderlo, al punto che lo stesso termine sembra ormai essersi caricato di una talmente estesa diversità di accezioni da rendersi assai problematico ed incerto il suo perdurante, fecondo utilizzo. Non posso qui intrattenermi, come pure sarei tentato di fare, ad illustrare siffatta varietà di accezioni, cui mi riservo di far luogo in altro studio ad essa specificamente dedicato. Mi limito solo a mettere in chiaro la peculiare angolazione dalla quale torno a dire dei rapporti in parola, che – come si fa presente nel titolo dato a queste mie succinte notazioni – è quella delle tecniche decisorie, specie per il modo con cui se ne fa uso nella più recente giurisprudenza costituzionale. La ragione della scelta è presto spiegata. Per un verso, è di tutta evidenza il bisogno di circoscrivere il campo e in esso mettere a fuoco, in modo per quanto possibile appropriato, l’oggetto dello studio. È chiaro, infatti, che è assolutamente impossibile passare a setaccio l’intera giurisprudenza anche di una sola Corte (per non dire di tutte…) al fine di stabilire quale segno, ora più ed ora meno marcato, sia in essa lasciato dagli indirizzi di giudici diversi, e – naturalmente – viceversa: sia che si guardi alle sole pronunzie nelle quali è fatto espresso riferimento alle decisioni di altri giudici, che ormai non si contano più, e sia (e soprattutto) che, volendo ancora di più approfondire l’analisi, si tenti di stabilire, al di là di siffatti riferimenti, quale sia la misura dell’influenza culturale di cui un giudice risenta e sia debitore nei riguardi di altri (indagine, questa, estremamente scivolosa ed impegnativa, alla quale nondimeno prima o poi ci si dovrà dedicare... (segue)
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