Nella Costituzione italiana del 1948 è presente, all’art. 4, un principio fondamentale che fa da cardine all’intera costruzione repubblicana: il riconoscimento da parte dello Stato del diritto di tutti i cittadini al lavoro. Grazie alla presenza di questo e di altri importanti articoli della nostra Carta costituzionale, nessuno dubita della centralità del tema lavoro per la nostra forma di Stato e del relativo diritto come fondante la categoria dei diritti sociali, anch’essi parte integrante della base valoriale su cui poggia l’intera Costituzione, analogamente a quanto accade per la maggior parte delle Costituzioni nazionali dell’Europa occidentale. L’importanza del lavoro, del resto, è sancita dalla nostra Costituzione non solo a livello di libertà costituzionali, ma anche come principio fondante del nostro ordinamento, che trova la sua espressione riassuntiva e simbolica nell’affermazione secondo cui la Repubblica è fondata sul lavoro (art. 1), e la sua massima estrinsecazione nell’affermazione del diritto/dovere di ogni cittadino di svolgere, secondo le proprie possibilità, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. Assodata si presenta pertanto la centralità del lavoro e del relativo diritto, cui deve conseguire l’impegno dei pubblici poteri e delle istituzioni a creare le condizioni affinche’ il sistema economico possa reggere la sfida di mettere a disposizione di tutti una occupazione, senza della quale “le specifiche pretese dei cittadini ad ottenere prestazioni di attività o di cose, nell’ambito economico sociale, da chi esercita una pubblica funzione” restano lettera morta così come fragile risulterebbe l’evidenziata correlazione tra lavoro e forma di Stato costruita per garantire, sul piano formale e su quello sostanziale, la partecipazione effettiva di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese... (segue)
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