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FOCUS - Osservatorio sui simboli politici

 Sognando Strasburgo… senza firme: il caso del simbolo dei Verdi europei

Fatta eccezione per la prima consultazione del 1979, ogni elezione per il rinnovo del Parlamento europeo ha visto – per quanto riguarda la quota di seggi spettante all’Italia – la presenza di un numero sempre maggiore di contrassegni compositi, che dunque contengono al loro interno almeno due simboli di partiti più o meno affini. Il fenomeno, verificabile empiricamente, può avere diverse spiegazioni. La prima è decisamente pratica: i seggi da attribuire sono sempre stati in numero decisamente minore rispetto a quelli disponibili nel ramo meno numeroso del Parlamento italiano, per cui l’unione tra forze politiche (con tutti i simboli visibili) è da sempre uno strumento concreto per tentare di superare le “soglie di sbarramento naturali” dovute alla scarsità dei seggi (pur in presenza di un sistema proporzionale come quello vigente per l’Europa). La necessità si è certamente acuita quando, a partire dal 2009, è stata introdotta la clausola di sbarramento del 4% per l’accesso alla ripartizione dei seggi: per le forze minori che hanno come obiettivo concreto l’ottenimento di un parlamentare, unirsi ad altri soggetti (a volte nemmeno troppo affini tra loro) diventa quasi fisiologico, nel tentativo di unire le forze per ottenere l’accesso all’emiciclo di Strasburgo... (segue)



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