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NUMERO 12 - 11/06/2014

 Dall’aula al foro. Sul nesso inscindibile fra Universitätsprofessur di materie giuridiche e diritto d’iscrizione 'premiale' agli albi forensi nell’ordinamento italiano

La legge 1938 dell’8 giugno 1874, che per prima regolò «l’esercizio della professione di Avvocato e di Procuratore» nel Regno d’Italia, istituendo fra le altre cose l’Ordine degli Avvocati esercenti e dei Procuratori, pose fine ad «un lungo dibattito giuridico e politico che si era svolto, a partire dalla proclamazione del Regno d’Italia, sulla necessità di unificare la disciplina delle professioni forensi in tutto il territorio nazionale». Con riferimento all’avvocatura, il neonato Regno d’Italia aveva infatti ereditato dal sistema piemontese «la caratteristica principale … (del)l’assenza di forme di organizzazione autonoma», ragione per cui – vigenti ancora le Costituzioniemanate nel 1770 da Vittorio Amedeo II – non esisteva un Ordine degli Avvocati, la disciplina professionale dei quali rimaneva demandata alla magistratura. Per quanto atteneva ai Procuratori – distinti dagli Avvocati secondo un modello antico – erano invece in vigore Collegi elettivi e Camere di disciplina, introdotti con la legge del 17 aprile 1859. L’iter parlamentare della l. 1938/1874 fu lungo e accidentato. Il Progetto di legge per l’esercizio della professione di Avvocato e Procuratore, presentato nel 1866, prevedeva l’istituzione di un Ordine degli Avvocati distinto da quello dei Procuratori, in un quadro di non cumulabilità delle due funzioni. Tale progetto conobbe tuttavia opposizioni articolate – che non ricalcavano le contrapposizioni fra Destra e Sinistra, quanto piuttosto l’attaccamento alle tradizioni forensi degli Stati preunitari – con la conseguenza di risultare, dopo un travaglio di oltre otto anni, significativamente modificato... (segue)



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