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NUMERO 12 - 11/06/2014

 L’attenzione sui diritti sociali, paradigma di un tempo

In un noto scritto del secondo dopoguerra Giuseppe Capograssi ammoniva che rispettare la vita significa “fare in modo che la vita sia vita per tutti (…) dovunque e cioè, dove la vita è in potenza in ogni individuo, fare che sia in atto in ogni individuo; dove la vita è ma non si può sviluppare come vita umana per le condizioni che sono in contrasto a questo svolgersi, fare che si possa sviluppare (…) che l’umanità possa diventare attuale, diventando realtà attuale nella vita di ognuno. C’è in questo principio di rispetto della vita (…) il più preciso imperativo per la formazione di un mondo sociale, nel quale l’individuo possa davvero vivere il pieno sviluppo della sua natura umana in tutte le sue direzioni”. Non solo meri ideali, buoni propositi, o indicazioni programmatiche, giacché, prosegue l’Autore, “rispettare la vita, lasciare che la vita si svolga in tutti i suoi fini, significa propriamente lavorare a organizzare le condizioni del mondo sociale col fine e con la legge, che questo male essenziale, cioè che la vita per molti individui non può essere vissuta come vita umana, deve essere combattuto e impedito. Qui diventa precisa la connessione tra diritto e libertà: proprio in questo principio del lasciare che la vita si svolga secondo la profonda verità del suo destino è la legge fondamentale, che impone di realizzare la vita veramente sociale, nella quale cioè l’individuo possa adeguare perfettamente e rendere attuale l’umanità potenziale ed implicita che è nella sua vita; abbia gli aiuti, sia messo in condizioni esteriori e interiori di attuarla, e possa, attuandola, liberamente realizzare tutta quanta la sua libertà”... (segue)



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