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NUMERO 19 - 15/10/2014

 Democrazia rappresentativa e solidarietà nella governance economica europea

L’identità del processo di integrazione europea rimane a tutt’oggi una questione tanto aperta quanto complessa e richiama alla mente due cruciali interrogativi sui quali si è soffermata un’ampia letteratura: «is the EU a fundamentally new form of governance, or is it simply an unusual version of an old model?»; «the Community legal order: constitutional or international?». A seconda degli approcci teorici e metodologici utilizzati, il processo di integrazione europea è stato variamente qualificato, ora valorizzandone la componente statale, ora quella sovranazionale, ora diluendole entrambe in un sistema multilivello dove «States are an integral and powerful part of the EU, but they no longer provide the sole interface between supranational and subnational arenas, and they share, rather than monopolize, control over many activities that take place in their respective territories». Analogamente, sempre a seconda dell’approccio metodologico seguito, è stata variamente risolta la questione della legittimazione democratica dell’Unione, talora enfatizzando lo stretto legame di derivazione dalla volontà dei singoli Stati, ovvero traslando sul livello sovranazionale alcuni connotati tipici degli Stati nazione; talaltra, in una prospettiva più diffusa tra le scienze politiche e sociali, la legittimazione democratica è stata scomposta in «input» e «output oriented legitimacy» a cui, da ultimo, è stato aggiunto  il concetto di «throuthput legitimacy». In questo intricato scenario, lo studioso del diritto costituzionale, nel tentativo di comprendere struttura, dinamiche e legittimazione dell’Unione europea matura qualche perplessità, sia per la problematicità insita in ogni tentativo classificatorio, che per le specificità dell’Unione europea derivanti dall’ancora irrisolta «questione istituzionale» grazie alla quale ha fatto breccia la sfuggente nozione di governance. Tale polisemico concetto, utilizzato in ambiti disparati, è infatti entrato a far parte della riflessione teorica politico-giuridica assumendo un uso sempre più diffuso proprio in rifermento alle dinamiche istituzionali dell’Unione europea. Esso include molteplici ed eterogenee componenti che trascendono il campo scientifico di competenza del diritto costituzionale, invadendo quello delle scienze politiche, sociali ed economiche. Ed allora, per sgombrare un po’ il terreno dalle perplessità che il costituzionalista avverte nel momento in cui si avvicina alla governance europea, e quale prima premessa metodologica, il presente scritto non intende certo porre in discussione la consistenza della nozione, concentrandosi, piuttosto, sul più familiare tema della democrazia rappresentativa nel tentativo di capire quale ruolo possano rivestire i Parlamenti nazionali all’interno di questo composito, variegato e variamente definito framework: quello dei processi digovernance europea e, soprattutto e più nello specifico, dei processi di governance economica europea. La rotazione del focus dal contesto complessivo ad uno degli elementi che in esso interagiscono (i Parlamenti nazionali, appunto) si compie sulla scorta di alcune ulteriori premesse metodologiche valide, naturalmente, rebus sic stantibus. Da un lato, poiché le politiche economiche e di bilancio, sia pure coordinate, sorvegliate e passibili di correzioni a livello europeo, rimangono di competenza degli Stati membri, conserva piena attualità la professione di fede manifestata da Dahrendorf: «le istituzioni della democrazia parlamentare e del governo rappresentativo sono state una meravigliosa conquista nella storia dell’umanità, ma erano e sono tuttora strettamente correlate alla forma dello Stato-Nazione. Nella misura in cui gli Stati-Nazione continuano a essere importanti – e sono convinto che questo ambito sia ancora largo – la democrazia parlamentare e il governo rappresentativo continueranno ad essere importanti» quali «sole manifestazioni di una grande idea civilizzatrice», quella democratica. Dall’altro lato, e quale corollario di questa prima premessa, i Parlamenti nazionali godono di un quid pluris di legittimazione democratica rispetto al Parlamento europeo che, sebbene eletto a suffragio universale e diretto, rimane scoperto su tale fianco a causa di una molteplicità di concomitanti ragioni, non ultime l’assenza di un demos e di partiti politici autenticamente europei. Infine, e quale ulteriore corollario delle precedenti due premesse relative alla democrazia rappresentativa di diverso livello (nazionale e sovranazionale), pur non negando che il ruolo dei Parlamenti nazionali possa trovare completamento nell’interazione con il Parlamento europeo in «un “sistema parlamentare” il cui funzionamento marca la legittimazione democratica e la stessa identità costituzionale della governance della regione multistatale», le attuali specificità della governance economica europea portano a focalizzare l’attenzione sul connubio Commissione-Parlamenti nazionali, nella convinzione che possa dischiudere «virtualità multiple» verso una Unione maggiormente integrata, legittimata democraticamente e solidale. Da un lato, l’istituzione sovranazionale per eccellenza (i.e. la Commissione europea), immersa nelle policies ma poco o punto contaminata dalla politics. Dall’altro lato, le istituzioni espressione per eccellenza della democrazia rappresentativa (i.e. i Parlamenti nazionali) che, nonostante i molteplici fattori di crisi, ancora detengono il primato della politics nella sua versione maggiormente inclusiva e pluralista, ma che hanno subito una progressiva erosione della discrezionalità decisionale in policies dotate di elevato potenziale politico e di importanti implicazioni di giustizia sociale, quali quelle economiche, e di bilancio. È questo il «virtuoso» connubio da ultimo celebrato attraverso alcune disposizioni del Two Pack... (segue)



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