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FOCUS - Osservatorio Città Metropolitane N. 3 - 17/11/2014

 Sulla riorganizzazione dei poteri pubblici sui territori

Stiamo attraversando una fase cruciale per il futuro del nostro Paese, in cui il Governo è impegnato in un grande sforzo di cambiamento, e il cammino dell’attuazione della Legge Delrio si inserisce pienamente in questo contesto. A partire dal prossimo anno saranno infatti completamente trasformate le geografie amministrative del territorio, con un ruolo fondamentale che sarà svolto dalle città metropolitane, dagli enti di area vasta e dalle unioni di comuni. Ecco perché ci tengo a sottolineare come l’iter di questa legge non sia un semplice fatto burocratico, ma qualcosa di più: è un importante momento politico perché attiene a scelte fondamentali delle comunità locali. È la prima vera riorganizzazione dei poteri pubblici sui territori, da molti anni. Siamo di fronte all’atto iniziale di un importante processo di prospettiva, che va costruito nel tempo, chiamando in causa la corresponsabilità di tutti i livelli di governo, per ripensare progressivamente il modo di essere delle istituzioni. È l’occasione per rivedere delimitazioni territoriali, assetti e funzioni delle amministrazioni pubbliche. Ciò per renderle funzionali rispetto alle esigenze della società e dell’economia. Per le città metropolitane, la scrittura dello statuto costituirà un momento cruciale. È questa la sede in cui occorrerà compiere scelte di fondo che non sono soltanto di architettura istituzionale ma attengono, invece, al modo in cui si pensa (e ciò potrà, dovrà, essere diverso da luogo a luogo) di organizzare l’interdipendenza dei territori, la specializzazione funzionale e l’integrazione degli stessi. Lo statuto dovrà essere lo strumento che consente il superamento delle individualità e l’integrazione delle diverse aree. In esso occorre prevedere strumenti e meccanismi di governo dei processi, non solo istituzionali ma urbanistici, economici e sociali. Ciò per superare l'immobilismo nelle relazioni e nelle interdipendenze e per passare ad una idea di flessibilità dei territori. Lo statuto dovrà essere l’atto in cui esaltare i valori della vera partecipazione democratica che, sia chiaro, non è spreco di tempo, ma è invece confronto e arricchimento delle decisioni. Spero quindi che le amministrazioni vorranno coinvolgere i cittadini, le associazioni, le forze sociali e produttive nel processo di elaborazione dei rispettivi statuti, perché da questi discenderà l’architettura e l’organizzazione di Istituzioni al servizio di tutti. Anche l’occasione dell’avvio dei nuovi Enti di area vasta dovrà consentire una riflessione sulla riorganizzazione delle funzioni su territori. Infatti, mentre alcune di esse, quelle previste dalla legge, sono proprie delle nuove Province, le altre andranno riallocate secondo logiche e modelli organizzativi che potranno essere diversi da regione a regione, individuando l’ambito territoriale ottimale per l’esercizio di ciascuna di esse. Penso ad esempio che gli Enti di area vasta possano svolgere funzione di supporto, per far fronte soprattutto alle esigenze dei Comuni più piccoli, funzione di stazione appaltante, di predisposizione dei documenti di gara, di organizzazione dei concorsi. Un altro pilastro della riforma Delrio sono le unioni dei Comuni. Come Ministro stimolerò, e lo sto già facendo, i comuni sulla via delle aggregazioni. Dobbiamo avere anche qui un approccio nuovo e moderno, un approccio che vada oltre la contingenza finanziaria. Si fanno le unioni non solo per esigenze di spending review ma anche, soprattutto direi, per dare ai nostri piccoli comuni una dimensione che consenta di progettare lo sviluppo locale in un’ottica non micro e parcellizzata ma di area territoriale con una dimensione minima sufficiente. Accompagneremo i piccoli comuni in queste scelte così importanti e per loro strategiche. In un momento di grande trasformazione come quello che stiamo attraversando, tutti noi, tutti insieme, dobbiamo garantire la massima sinergia affinché il cambiamento sia condotto nel modo migliore. Ci troviamo di fronte ad una sfida, che dobbiamo affrontare con la consapevolezza che il lavoro che ci attende è un lavoro collettivo, in cui ognuno di noi, ogni istituzione, dovrà lavorare in collaborazione con gli altri. Questa fase non dovrà essere vissuta come un momento di conflitto per l’attribuzione delle competenze tra i vari livelli di governo: tutto dovrà avvenire in sinergia tra noi. Occorrono momenti di confronto e un monitoraggio costante dal centro. Noi garantiremo un accompagnamento per tutti in una fase tanto esaltante, quanto delicata, guardando con attenzione le situazioni più difficili. Lo garantiremo sia a livello politico sia  a livello tecnico, lo garantiremo al centro e sui territori. L’implementazione di questa importante normativa sarà l’occasione per un confronto con i cittadini, per costruire un modello organizzativo che risponda alle esigenze e alla varietà delle realtà locali dal punto di vista orografico, economico, culturale e sociale. E per un nuovo, positivo, protagonismo dei territori. In conclusione, la città moderna, si può dire, è nata proprio in Italia, e dall’Italia è divenuta nel Rinascimento il motore dell’innovazione per secoli, fino all’imporsi degli Stati nazionali. È giunto il momento che l’Italia riprenda il filo della sua storia, ridando alle nostre città, in una serratissima competizione internazionale, il ruolo che esse meritano, e che può fare di loro il motore di una nuova stagione di sviluppo e fioritura per il nostro Paese.



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