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NUMERO 22 - 26/11/2014

 Le riforme costituzionali e legislative del 2014: quale futuro per la multilevel governance dell’ambiente?

L’ambiente, nelle sue differenti declinazioni (oggettive e soggettive) costituisce l’esempio tipico di una materia distribuita su una molteplicità di livelli di governo. Ad oggi, con ruoli diversi, ben cinque (e in alcuni casi addirittura sei se contiamo le forme di decentramento comunale) livelli di governo hanno espresse competenze in materia ambientale: l’Unione europea, lo Stato, le Regioni, le Province e i Comuni (nonché, quando presenti, le circoscrizioni o i municipi) hanno titolo di intervento, ovviamente differente, in tema di ambiente. A questa già complessa “frammentazione verticale” si aggiunge poi la questione che proprio in questo settore sono presenti ulteriori soggetti sia amministrativi che privati che svolgono funzioni di interesse pubblico: così gli strumenti organizzativi di tutela e valorizzazione come gli enti parco nazionali, regionali e interregionali, le riserve e le aree protette, senza dimenticare i numerosi soggetti privati (associazioni in primo luogo) che svolgono anche funzioni pubbliche sulla base del principio di sussidiarietà orizzontale ex art. 118 della Costituzione. A complicare ulteriormente il quadro concorre la stessa “etichetta” ambiente sotto la quale trovano collocazione una pluralità di sub-materie, ossia ambiti oggettivi di disciplina (tutela, valorizzazione, rifiuti, acqua, energia, comunicazioni, etc…) e una serie di posizioni giuridiche soggettive che spaziano dal diritto ad un ambiente salubre (ex art. 32 Cost.) a quello di ammirare un paesaggio (ex art. 9 Cost.). Infine, come ha ampiamente affermato la giurisprudenza costituzionale italiana, l’ambiente costituisce non tanto una materia quanto un valore, uno scopo e quindi è esso stesso, a sua volta, un obiettivo da perseguire in modo trasversale con un impatto su tutti gli altri ambiti umani oggetto di intervento da parte dei pubblici poteri. Al netto dei trattati e delle convenzioni internazionali in materia ambientale, i Trattati europei da un lato pongono l’ambiente quale limite allo sviluppo del mercato (v. art. 3 TUE che resta sulla scia tradizionale che ha visto la materia entrare in ambito comunitario solo con l’Atto unico del 1986 quale valore da bilanciare con quelli già di prioritaria vocazione europea), dall’altra lo identificano tra le materie di legislazione concorrente tra lo Stato e l’Unione europea (art. 4 del TFUE) comunque in grado di “pervadere” tutte le politiche europee. La Costituzione italiana, dopo un lunga gestazione giurisprudenziale che ha “estratto” il tema dell’ambiente dall’originario dettato del 1948 (dove non compariva mai il termine) attraverso il noto e articolato lavoro esegetico degli artt. 2, 9 e 32, con la riforma costituzionale del 2001 ha recuperato non senza eccessi introducendo l’ambiente in una pluralità di previsioni che solo (di nuovo) la giurisprudenza (questa volta subito costituzionale) ha dovuto organizzare in senso meno dispersivo di quanto la lettera del dettato costituzionale lasciasse intendere. Con la legge costituzionale n. 3 del 2001 l’ambiente, come noto, si “spacchetta” in “tutela” di competenza esclusiva del legislatore statale, “valorizzazione” di competenza legislativa concorrente e per tutto il resto rimane di esclusiva competenza del legislatore regionaleex art. 117, comma 4, Cost.; ciò, ovviamente, al netto della sua portata di “materia trasversale” e della collocazione di ambiti materiali di interesse ambientale (energia e comunicazioni ad esempio). L’ambiente, inoltre, per la nuova Costituzione del 2001 compare tra le materie nelle quali le Regioni possono ottenere “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” ex art. 116, comma 3, Cost. Ben sappiamo come la giurisprudenza costituzionale abbia dovuto intervenire sul nuovo dettato costituzionale che solamente l’esclusione della portata giuridica dei nuovi statuti regionali (decisa dalla Corte costituzionale nelle sentenze nn. 372, 374 e 378 del 2004) non ha reso ulteriormente complesso visto che le Regioni, nella seconda fase statutaria, hanno introdotto numerosi riferimenti all’ambiente negli Statuti adottati tra il 2000 e il 2010... (segue)



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