
L'innesto teorico dei principi del costituzionalismo nello spazio europeo ha sollevato una serie di problematiche in merito alla definizione della natura giuridica dell'Unione e ai rapporti tra le istituzioni europee e gli Stati membri dell'UE. La dottrina si è trovata di fronte una costruzione ibrida, di difficile categorizzazione dal punto di vista istituzionale, dividendosi pertanto nelle valutazioni di ordine costituzionalistico nei riguardi del processo di integrazione: l'Unione europea si è infatti “venuta prospettando secondo moduli originali che sono inevitabilmente influenzati dal modello organizzativo fornito dallo Stato e da quello delle organizzazioni di Stati”. Proprio da tale peculiare dualità muove la difficoltà di definire il tipo di forma di governo dell'Unione oltre che, in maniera più generale, il sistema costituzionale nel quale quest'ultima viene a determinarsi. Ciò in primo luogo perché gli stessi concetti di “forma di governo” e quello di “costituzione” sono categorie proprie del diritto costituzionale e fanno riferimento alla nozione di “Stato”: essi trovano, in ambito europeo, un terreno solo parzialmente aderente ai processi di costituzionalizzazione propriamente intesi e necessitano di una ridefinizione in grado di inglobare anche gli aspetti di carattere internazionalistico caratterizzanti l'ordinamento euro-unitario. Una autorevole dottrina, mettendo a confronto la radice statualistica e quella internazionalistica del regime giuridico dell'Unione, ha sostenuto come sia piuttosto quest'ultima a prevalere in termini istituzionali, evidenziando come i due elementi non siano in realtà in conflitto tra di loro, definendo invero il primo l'insieme dei valori comuni derivanti dagli Stati membri e, il secondo, i contorni dell'assetto funzionale del sistema, ovvero il modo mediante il quale vengono ad estrinsecarsi le scelte di fondo sul piano organizzativo, scelte determinate in sede pattizia e che trovano così la loro fonte originaria nella volontà dei singoli Stati membri. L'aspetto più propriamente “costituzionalistico” dell'ordinamento euro-unitario si rinviene pertanto nel suo strato assiologico e troverebbe invece un limite nell'assenza di un assetto “statuale” ed in particolare nella mancata strutturazione federale dell'Unione: “nel momento in cui gli Stati hanno deciso di costituire le Comunità e quindi la UE hanno inteso realizzare un'organizzazione che consentisse di creare un mercato comune. Non hanno tuttavia voluto fondare una nuova comunità politica di natura federale che eliminasse la loro statualità”. L'insieme di valori cui si fa riferimento è tuttavia disciplinato a livello dei Trattati e, in quanto normativizzato, riesce a plasmare l'anima strutturale dell'Unione, stabilendo anzi per essa dei contorni istituzionali particolarmente stringenti: il Trattato di Lisbona menziona a più riprese, tra i valori fondanti dell'Unione, i diritti inviolabili e inalienabili della persona, le libertà fondamentali, la democrazia, l'uguaglianza e lo Stato di diritto. Tali valori, secondo l'articolo 2 del TUE, “sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità fra uomini e donne”. La presenza di questi valori nelle Costituzioni degli Stati membri è condizione essenziale e necessaria per la loro permanenza nell'Unione. Allo stesso modo, ai sensi dell'articolo 49 TUE, uno Stato esterno può... (segue)
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