Il dibattito su una nuova legge elettorale in Italia, che ristagnava, ha ricevuto potente impulso, ed è stato in larga parte determinato nei contenuti, dalla sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014. Con tale decisione, il giudice delle leggi, dichiarando l'intento di dare effettività e sostanza al diritto di elettorato attivo, ha lasciato permeare il consolidato assetto dell'accesso alla Corte, per l'innanzi ancora segnato dall'impronta originaria e fedele all'ispirazione delle leggi che lo hanno disegnato come ascrivibile al tipo incidentale, da una forma di ammissione diretta al giudizio di legittimità, la quale è subito apparsa densa di problemi. Vi sono problemi che attengono alla tenuta complessiva del sistema di giurisdizione costituzionale (e alla compattezza della sua ricostruzione dogmatica, di cui dovrebbe forse farsi maggior conto), poiché la Corte è stata subito investita di altre questioni di legittimità, riferite a leggi elettorali regionali, con ordinanze di rimessione le quali, quanto alla rilevanza, si limitano a qualificare, con una sorta di clausola di stile, l'azione come «di accertamento» o come «di accertamento costitutivo» (della lesione del diritto costituzionalmente protetto): è facile immaginare quali sarebbero le conseguenze se per questa via si pervenisse a ritenere che si abbia incidentalità, e dunque ammissibilità del giudizio costituzionale, per il solo fatto che vi è formalmente l'onere della riassunzione davanti al giudice a quodopo la pronuncia della Corte. Il passaggio per il giudice comune sarebbe ridotto a un visto di ingresso automatico al giudice delle leggi, con un conseguente carico sulla giurisdizione costituzionale ben difficile da sostenere. Né può valere a rassicurare in proposito, anzi conferma le difficoltà, la proposta estenuazione ermeneutica dell'art. 23 della legge n. 87 del 1953, in forza della quale viene ravvisata una diversità di regime giuridico tra il caso di accesso alla Corte costituzionale d'ufficio e il caso di accesso su istanza di parte, pervenendosi a ritenere che in questa seconda ipotesi non sia necessario il distacco tra petitum del giudizio principale e petitum innanzi al giudice delle leggi, sicché il problema di contrastare lafictio litis si porrebbe sono innanzi al giudice comune, mentre alla Corte sarebbe precluso andare oltre il controllo esteriore sulla sufficienza della motivazione dell'ordinanza di rimessione. Su tale ricostruzione possono farsi due osservazioni. La prima: una così radicale diversità nel regime giuridico dei due modi di accesso non sembra compatibile con la piena identità di disciplina apprestata dall'art. 1 della legge cost. n. 1 del 1948, in conformità alla quale deve essere interpretato il richiamato art. 23 della legge n. 87 del 1953. La seconda: se anche si volesse ammettere diverso avviso, si dovrebbe pervenire a conseguenze opposte. Proprio l'art. 23 della legge n. 87 del 1953, invero, esplicita il requisito della rilevanza, rendendo perciò necessaria la motivazione in ordine a esso, solo con riferimento al caso dell'istanza di parte (il giudice a quo dispone l'accesso «qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale»: art. 23, c. 2), sicché, a tutto concedere, lo scrutinio della Corte dovrebbe essere ritenuto più penetrante in questa ipotesi piuttosto che nell'ipotesi di questione sollevata d'ufficio, ove verrebbe in luce solo il requisito della non manifesta infondatezza, e non viceversa. Ma va sopratutto osservato che l'incrinatura nella tenuta del sistema deriva dalla propensione inflattiva dei giudici comuni nell'accesso alla Corte, la quale è effetto dell'assunzione da parte dei medesimi del compito «storico» di rimuovere le «zone franche» dal controllo di costituzionalità a fini sostanziali di giustizia. E, di certo, la richiamata soluzione ermeneutica andrebbe in senso opposto all'esigenza di contrastare tale fenomeno. Vi sono poi problemi che attengono ai limiti intrinseci all'opera che la Corte costituzionale può compiere per conformare in positivo una legge costituzionalmente necessaria - qual è la legge elettorale - con lo strumento dell'accoglimento parziale... (segue)
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