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NUMERO 1 - 14/01/2015

 Obblighi di astensione e di segnalazione nel procedimento amministrativo e pienezza della tutela

 Già sul finire degli anni ’90 in Italia, più che in altri Paesi dell’Europa occidentale, la corruzione così come altre manifestazioni di mala amministrazione, quali clientelismo, conflitti di interesse, spreco di danaro pubblico, ecc., erano ampiamente diffusi sia a livello locale che nazionale, ove non erano stati percepiti come “(…) forti freni allo sviluppo economico e sociale del nostro Paese”, né affrontati con misure e strumenti di prevenzione e repressione adeguati. Solo di recente, al fine di allineare il Paese aglistandards europei e nel solco tracciato dal D.Lgs. n. 150/2009 (“Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza a trasparenza delle pubbliche amministrazioni”), la legge n. 190/2012 - recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” - ha avviato una seria e ben più consapevole riflessione nei confronti di temi e problematiche cruciali per il Paese riconducibili alla corruzione e a tutte le situazioni suscettibili di creare fenomeni di illegalità sgraditi all’ordinamento giuridico che si ripercuotono sull’efficienza, sulla competitività del Paese, sul godimento dei diritti civili e sulla disponibilità delle risorse. Concentrandosi, in primo luogo, sugli aspetti della prevenzione, la legge ha potenziato i codici di comportamento dei dipendenti pubblici, si è fatta carico dei conflitti di interesse e si è concentrata molto sulla corruzione dei pubblici funzionari e sui piani anticorruzione la cui attuazione è attribuita al dirigente che può essere chiamato a rispondere sul piano disciplinare e anche per danno erariale all’immagine della pubblica amministrazione nel caso in cui vengano accertati reati di corruzione a carico dei pubblici dipendenti. Alla luce dei recentissimi episodi legati alle note vicende dell’Expo di Milano 2015 e del Mose di Venezia, aggravati dalla risonanza globale dell’accaduto sulla stampa estera, la predetta legge così come i successivi decreti attuativi sembrerebbero, almeno in parte, aver tradito le aspettative quanto all’efficacia dei sistemi di monitoraggio e di controllo della corruzione e dei modelli organizzativi soprattutto in quei contesti caratterizzati da illegalità diffusa, come si desume chiaramente - in numerose realtà locali - dalla predisposizione di piani anticorruzione “mutuati” dal Piano Nazionale Anticorruzione oppure dalla scelta casuale del responsabile della corruzione e della trasparenza. Il più delle volte, il controllo è stato solo formale e le PP.AA. hanno completamente travisato il concetto di trasparenza qualitativamente significativa di cui al D.Lgs. n. 33/2013 pubblicando sul web una grande quantità di documenti, dati e informazioni ovvero, in altri casi, non vi hanno provveduto affatto, suscitando l’insoddisfazione dei cittadini che hanno lamentato la carenza dei siti. Sulle numerose disfunzioni ed inefficienze del sistema, ben note alla Commissione UE, si sono appuntati ulteriori interventi normativi, a completamento di un quadro già fin troppo articolato e complesso, specificando tra l’altro il ruolo ed i poteri dell’ANAC e del neo Presidente (cfr., d.l. 13 giugno 2014 e 24 giugno 2014, n. 90, conv. in L. 11 agosto 2014, n. 114). In attesa di verificarne nel tempo l’efficacia, resta comunque assodata la pervasività della corruzione che “è diventata sistema, cioè prassi stabile e strutturata, rete istituzionalizzata di relazioni e scambi illeciti, coinvolgente – pur secondo modelli diversi – un po’ tutti i gruppi sociali”, come di recente è stato evidenziato dal neo Presidente dell’ANAC, sottolineando che dall’inchiesta sul Mose è emerso “un sistema molto inquietante, ancora più grave di quello dell’Expo” particolarmente evidente negli appalti di grandi dimensioni e nei contesti che vedono costantemente coinvolti esponenti dell’imprenditoria, della politica, della magistratura e degli organi di controllo, minando alla radice i capisaldi della democrazia ed il procedimento di formazione delle decisioni politiche ed amministrative, la qualità dell’azione amministrativa in cui tende a prevalere l’incompetenza e si offusca il merito... (segue)



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