
Nella visione classica della divisione dei poteri la gestione della guerra e l’impiego delle forze armate all’estero rientrano nell’ambito del potere esecutivo (o nel più specifico ambito del potere federativo nella concezione di Locke). Del resto è antica e radicata la convinzione che la difesa della nazione dalle minacce esterne e, più nello specifico, la conduzione politica di una guerra debbano essere affidate a un organo capace di assumere decisioni in modo rapido ed efficace, quale è appunto l’organo titolare del potere esecutivo. Nondimeno, in tutte le principali esperienze costituzionali ai parlamenti sono sempre assicurate alcune funzioni fondamentali, ossia quelle di approvare o di autorizzare la dichiarazione di guerra, di legiferare sul mantenimento e sull’organizzazione delle forze armate, di finanziare le spese militari, di ottenere informazioni dal Governo sulla situazione di un conflitto. Ora si tratta di evidenziare che, in linea generale, il ruolo attribuito ai parlamenti in questa materia si è nel secolo scorso via via atrofizzato mentre quello esercitato dagli esecutivi è stato interessato da un fenomeno opposto, vale a dire di progressiva concentrazione del potere militare. Alcuni ordinamenti, talvolta anche grazie all’intervento degli organi di legittimità costituzionale, hanno saputo reagire a questa deriva. In Germania, ad esempio, è stato il Bundesverfassungsgericht con una pronuncia del 1994 a definire la Bundeswehr nei termini di «esercito del Parlamento» e a stabilire che dalla Legge Fondamentale è ricavabile un principio costituzionale in base al quale l’impiego delle forze armate all’estero è subordinato all’autorizzazione preventiva del Parlamento. In molti altri casi invece, specialmente nell’ambito delle majoritarian democracies, il progressivo incremento della supremazia decisionale degli esecutivi in questo delicato ambito materiale ha costituito un fenomeno pressoché inarrestabile. Se si confrontano i tre modelli principali di forma di governo nell’alveo delle democrazie maggioritarie, l’analisi della prassi applicativa mostra che sia nel Westminster style parliamentary system del Regno Unito sia nel sistema presidenziale americano sia, infine, nel sistema misto francese, la decisione di impiegare le forze armate in situazioni di reale o potenziale conflitto è diventata in linea di massima una decisione autonoma del vertice dell’Esecutivo. Si può affermare che, per tutta la seconda metà del XX Secolo, il ruolo di comando politico delle forze armate esercitato dal Premier britannico non si è discostato molto da quello del «commander in chief» nell’esperienza statunitense o da quello dello «chef des armées» nell’esperienza della V Repubblica francese; due definizioni costituzionali da cui è stata desunta, com’è noto, una qualità tutt’altro che simbolica dei rispettivi vertici del potere esecutivo. Pur nelle differenze strutturali intercorrenti tra i tre sistemi di governo considerati, vi è dunque una sorprendente analogia tra gli stessi con riguardo alla circostanza che il potere di ricorrere alla forza militare discende pur sempre da una prerogativa tendenzialmente simile... (segue)
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