Quando si era aperta la fase di deposito ed esame dei contrassegni per le elezioni europee del 25 maggio 2014, presso il Tribunale di Roma pendeva un contenzioso legato a uno tra i primi emblemi presentati; la stessa fase si è chiusa senza che i giudici si fossero espressi su di essa nemmeno in sede cautelare. Si trattava, in particolare, della causa iniziata pochi giorni prima da un gruppo di aderenti o partecipanti alla Fondazione Alleanza nazionale, volta a ottenere in via immediata la sospensione (e, in un secondo tempo, la dichiarazione di nullità o illegittimità) della delibera con cui l’assemblea della stessa Fondazione, in data 14 dicembre 2013, impegnava il Consiglio d’amministrazione dell’ente «ad autorizzare il soggetto politico costituente l’evoluzione di Fratelli d’Italia, a utilizzare il simbolo di Alleanza Nazionale, in toto o in parte, all’interno del simbolo con cui parteciperà alle competizioni elettorali del 2014», così come richiesto dalla mozione presentata dai componenti di Fdi Giorgia Meloni e Ignazio La Russa (ma sostenuta anche da Gianni Alemanno). La decisione era stata preceduta e seguita da numerose polemiche. Un mese prima aveva dichiarato di volersi avvalere dello stesso simbolo di An (integralmente, senza modifiche o inserimenti in altri contrassegni) il Movimento per Alleanza nazionale, una «Federazione di persone, movimenti e partiti» costituita da otto soggetti giuridici, tra i quali La Destra di Francesco Storace, Io Sud di Adriana Poli Bortone, Futuro e libertà di Roberto Menia e il Movimento sociale Fiamma tricolore (in quel momento rappresentato dal segretario Luca Romagnoli): lo scopo dichiarato dell’operazione era «consentire che il simbolo di Alleanza nazionale, nella sua integrità e continuità storica, venga presentato in tutte le competizioni elettorali». Proprio su questo, tuttavia, si era registrata l’immediata reazione del presidente della Fondazione An, Franco Mugnai, il quale si era opposto alla spendita (anche e soprattutto elettorale) dell’emblema in assenza di un accordo o, per lo meno, di un confronto con l’ente da lui presieduto. Dopo la decisione dell’assemblea della stessa fondazione a dicembre, sono arrivate puntuali le proteste di Storace (che si vedeva in questo modo impedire il progetto varato solo un mese prima), ma anche di vari ex iscritti ad Alleanza nazionale, in seguito aderenti al Popolo della libertà e a Forza Italia (partito riattivato giusto pochi giorni prima): costoro non avevano chiesto di utilizzare il simbolo di An, ma non avevano mancato di esprimere il loro disappunto per l’approvazione della mozione Meloni - La Russa - Alemanno, avvenuta con soli 290 voti (a fronte dei quasi 700 aderenti alla fondazione), lamentando violazioni statutarie. Proprio a quest’area sembra riconducibile l’atto introduttivo del contenzioso che ha generato l’ordinanza del Tribunale di Roma che si commenterà in seguito... (segue)