
Il disegno di legge costituzionale Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione (S.1429 approvato dal Senato in prima deliberazione l’8 agosto 2014; C.2613 approvato in prima deliberazione dalla Camera con modificazioni il 10 marzo 2015) nel testo ad oggi risultante dai lavori preparatori, da una prima lettura sembra non aver colto l’opportunità di una revisione coerente ed organica delle Regioni e delle autonomie locali e dei rapporti tra di esse e con lo Stato (ripensamento complessivo del tipo di Stato). Dalla lettura delle Linee di indirizzo del progetto di riforma si evince come il progetto di revisione costituzionale si proponga, tra l’altro, di semplificare e impostare in modo nuovo i rapporti tra i diversi livelli di governo. L’idea di fondo sarebbe quella di definire un sistema incentrato su un nuovo modello di interlocuzione e di più intensa collaborazione inter-istituzionale e, in alcuni ambiti, di codecisione tra gli enti che compongono la Repubblica, volto a favorire il protagonismo dei territori nella composizione dell’interesse generale e la compiuta espressione del loro ruolo nel sistema istituzionale. Tuttavia, da un’attenta lettura del testo, come vedremo nel corso della riflessione, il progetto riformatore appare ben lungi dal raggiungimento di tali obiettivi. Anzi, l’intreccio funzionale e strutturale di una pluralità di enti con competenze tuttora non definite; il ritorno a forme di centralismo realizzato tramite il transito dalla competenza regionale concorrente (soppressa) alla legislazione statale esclusiva della maggioranza di materie prima condivise e l’introduzione, ex novo, della cosiddetta clausola di supremazia (che già nel nome sembra dire tutto di sé); la riduzione dell’ambito operativo delle intese tra regioni di cui all’art. 117 penultimo comma, conducono al risultato opposto. L’assunto ruolo di codecisione delle autonomie territoriali da esercitare indirettamente tramite il nuovo Senato di esse rappresentative risulta non sufficiente a compensare intere materie e funzioni transitate dalla competenza (legislativa e quindi regolamentare) regionale a quella statale. Sul punto basti considerare, salve limitate eccezioni, che al Senato, nella generalità dei casi, spetta unicamente un potere di veto relativo. Soffermando l’attenzione sulla conformazione assunta dagli enti costituenti la Repubblica e sul relativo riparto di funzioni, il quadro appare decisamente frastagliato e la difficoltà amplificata dalla pluralità di fonti... (segue)
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