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FOCUS - Osservatorio sui simboli politici

 Nell'attesa del risveglio: quali vie per restituire lo scudo crociato alla Democrazia cristiana?

Sembrava finito, dopo la sentenza della Corte di cassazione del 2010, il contenzioso sulla titolarità dello scudo crociato: vari partiti ne hanno rivendicato l’uso legittimo (e magari esclusivo), cercando a volte di far valere una continuità giuridica con la Democrazia cristiana “storica”. La sentenza della Suprema Corte a sezioni unite, che ha confermato una pronuncia della Corte d’appello di Roma del 2009, sembra invece aver aperto un nuovo, copioso fronte di controversie. Le nuove cause traggono origine da una delle questioni accertate in sede di giudizio, ossia il mancato scioglimento della Democrazia cristiana nel 1994, non essendosi mai svolto un Congresso nazionale con la liquidazione dell’ente collettivo all’ordine del giorno. La diversa interpretazione attribuibile a quest’affermazione, in effetti, ha portato alcuni a ritenere che il partito fondato nel 1942 fosse non solo ancora esistente, ma diverso da ogni altro soggetto che nel tempo si è ritenuto in continuità politica e giuridica con esso, per cui ancora oggi sarebbe possibile “riattivarlo”, così che possa di nuovo agire politicamente con nome e simbolo storici. Chi scrive, come si vedrà, è convinto del mancato scioglimento della Dc, mentre lo è assai meno circa la reale possibilità di rivedere legittimamente operante lo stesso soggetto giuridico che fino alla fine del 1993 ha agito come Democrazia cristiana. Vale però la pena dare conto delle diverse soluzioni perseguite dagli “attori” in campo, valutando di ciascuna i punti di forza e i motivi di debolezza: in un momento in cui, dopo oltre sessant’anni dall’entrata in vigore della Costituzione, il legislatore ha dato una minima attuazione all’art. 49 e si è ripreso a ragionare sull’opportunità di una regolazione dei partiti più organica e stringente, si ritiene utile fare il punto su uno dei casi che, lungo tutto il suo sviluppo, ha maggiormente evidenziato tanto la duratura carenza di norme di legge in materia di partiti politici, quanto la cronica tendenza di questi soggetti a non osservare a fondo nemmeno le regole che loro stessi si sono dati al loro interno, attraverso gli statuti... (segue)



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