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Con la sent. n. 70 del 2015 la Corte costituzionale torna a pronunciarsi su uno dei temi classici, e certamente più dibattuti, della materia previdenziale: quello del bilanciamento tra l’interesse, costituzionalmente protetto, all’“adeguatezza” dei trattamenti e le scelte di finanza pubblica richieste per la garanzia della tenuta finanziaria del Paese. La questione investe, in particolare, il profilo dell’adeguatezza della prestazione pensionistica non al momento del collocamento a riposo, quando avviene la sua prima quantificazione, ma rispetto ai mutamenti del suo valore monetario nel corso del tempo. Principio, questo, al quale il nostro legislatore ha ritenuto di dare attuazione attraverso l’istituto della perequazione automatica delle pensioni, generalizzato a fine anni ‘60 e più volte normato nel tempo, sempre con la precipua finalità di fronteggiare la svalutazione che le prestazioni pensionistiche – in quanto prestazioni economiche caratterizzate per la loro continuità nel tempo – subiscono nel corso degli anni. Da lungo tempo si discute, invero, circa la legittimità o meno di norme volte a modificare sfavorevolmente la disciplina di tali rapporti di durata, soprattutto in considerazione dell’essere il loro oggetto costituito da diritti soggettivi perfetti; possibilità non preclusa, purché sussistano “inderogabili esigenze” - quali quelle conseguenti a situazioni di grave crisi economica - che ne possano giustificare l’adozione. Un principio, quest’ultimo, costantemente affermato dalla Corte che, fin dall’origine, ha affrontato il tema della perequazione pensionistica nei termini della dialettica tra garanzia di diritti fondamentali e rispetto degli equilibri finanziari (sent. n. 349/1985); giungendo sempre a legittimare le scelte restrittive adottate, di volta in volta, dal legislatore. La sentenza n. 70 del 2015 interrompe, oggi, questa serie positiva, pronunciandosi la Corte a sfavore della norma contenuta nell’art. 24, comma 25, d.l. n. 201/2011, conv. da l. n. 214/2011, che ha introdotto – per il biennio 2012-2013 - il blocco integrale del meccanismo perequativo per le pensioni di importo superiore a tre volte il trattamento minimo Inps. Il ricorso al blocco della perequazione non costituisce una novità, rinvenendosi già in due precedenti disposizioni, concernenti, la prima, l’anno 1998; la seconda, il 2008. L’azzeramento temporaneo della rivalutazione ha interessato, nel primo caso, i trattamenti pensionistici di importo medio-alto, superiori a cinque volte il trattamento minimo (l. n. 449/1997); nel secondo, i trattamenti particolarmente elevati, di importo superiore a otto volte il predetto trattamento minimo (l. n. 247/2007). Per entrambi gli interventi si è aperto un contenzioso davanti ai giudici costituzionali; in entrambi i casi l’operato del legislatore è stato assolto, appellandosi i giudici ai due limiti classici che condizionano i dicta della Corte: la discrezionalità del legislatore e il necessario rispetto delle esigenze di bilancio... (segue)
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