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La legge n. 114/2014 recante “misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari” attribuisce all’Autorità nazionale anticorruzione, per la valutazione e per la trasparenza, fra gli altri, anche il compito “di favorire la cultura della trasparenza” e prevenire i fenomeni di corruzione. In particolare, l’art. 19 comma 15 trasferisce all’Autorità Anticorruzione le funzioni del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri in materia di trasparenza, circa “la definizione di criteri, modelli e schemi standard per l’organizzazione, la codificazione e la rappresentazione dei documenti, delle informazioni e dei dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente, nonché all’organizzazione della sezione “Amministrazione trasparente”. A seguito di siffatta modifica viene attribuito ad Anac anche il potere di proposta circa le norme sull’attuazione degli obblighi di pubblicità e trasparenza che devono essere adottati con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Garante per la protezione dei dati personali, la Conferenza unificata, l’Agenzia Italia digitale e l’Istat. I provvedimenti assunti sotto forma di DPCM sono preordinati “anche per specifici settori e tipologie di dati”, a definire i requisiti di qualità delle informazioni diffuse individuando, da una parte, i necessari adeguamenti da parte delle singole amministrazioni che provvederanno con propri regolamenti e, dall’altra, i meccanismi di garanzia e correzione attivabili su richiesta di chi vi abbia interesse. L’Autorità nazionale anticorruzione assume, così, la missione istituzionale di organismo preposto alla prevenzione dei fenomeni corruttivi, anche attraverso la diffusione della cultura della trasparenza. Il diritto alla trasparenza, inteso come valore che permea di se l’intero ordinamento giuridico, si afferma anche in Italia come regola del procedimento e dell’organizzazione amministrativa grazie ad una serie di provvedimenti legislativi che culminano, prima, nel decreto legislativo n. 33 del 14 marzo 2013, recante norme per il “riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni” e, ancor più di recente, nel dl 90 del 2014 convertito nella legge n. 114/2014. La lettura delle norme in materia di trasparenza offre un elemento inconfutabile: il rilievo dato in tempi più recenti, al diritto dei cittadini di partecipazione ai processi decisionali delle istituzioni pubbliche. In capo alle amministrazioni grava un vero e proprio obbligo di assicurare l’accessibilità delle informazioni ad una pluralità indeterminata di soggetti e di diffonderle attraverso i propri siti istituzionali. La trasparenza, così, si pone al tempo stesso sia come fine per garantire la conoscibilità dell’azione amministrativa, sia come mezzo per scongiurare la violazione delle regole di concorrenza e evitare accordi illeciti o corruttivi. Si tratta di una aspirazione antica (contenuta già nel rapporto Giannini del 1975) di rendere l’amministrazione come una “casa dalle mura di vetro”, aperta e collaborativa, in cui le istituzioni forniscono le informazioni ai cittadini, a prescindere da un loro interesse giuridicamente rilevante. La legge, infatti, configura un vero e proprio obbligo in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati che comporta “il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione” ( art. 5 comma 1, dgls n.33/2013). La previsione contenuta nell’art. 97 della Costituzione, laddove impone che sia assicurato il rispetto dei canoni di buon andamento ed imparzialità nell’azione amministrativa, si colloca al centro di una cornice ordinamentale in cui il diritto alla conoscibilità è presupposto ineliminabile per una collaborazione consapevole di tutti i consociati alla cura dell’interesse generale... (segue)
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