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Durante il governo Prodi (2006-2008), che si sosteneva su una base numerica assai flebile in Senato, ovvero sorretta dal voto dei senatori a vita, si ebbe una polemica tra il sen. Francesco Storace e il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il motivo fu dovuto a un’affermazione del sen. Storace nei confronti della senatrice a vita Rita Levi Montalcini, definita “stampella del Governo”, e quindi sostegno e supporto politico a un Governo, che sarebbe stato minoritario in Senato se privato del voto dei senatori a vita. Ne è seguito un intervento del Capo dello Stato a difesa della sen. Levi Montalcini: «Mancare di rispetto, infastidire, tentare di intimidire la senatrice Rita Levi Montalcini, una donna dall’alto sentire democratico, che ha fatto e fa onore all’Italia, è semplicemente indegno». In risposta alle affermazioni del Presidente, il sen. Storace, nel proprio sito internet (www.storace.it), così scriveva: «Non so se devo temere l’arrivo dei corazzieri a difesa di Villa Arzilla, ma una cosa è certa: Giorgio Napolitano non ha nessun titolo per distribuire patenti etiche. Per disdicevole storia personale, per palese e nepotistica condizione familiare, per evidente faziosità istituzionale, è indegno di una carica usurpata a maggioranza. E la smetta di soccorrere un governo moribondo a difesa di una signora talmente importante che anche quest’anno, come ha ricordato ieri il presidente Calderoli, costerà tre milioni di euro agli italiani. Nobel o no, i ricatti si chiamano ricatti e i voti dei senatori a vita restano politicamente immorali. Come diceva fino a poco tempo fa un signore che la memoria l’ha persa a poco più di 55 anni». Frasi di cattivo gusto, intendiamoci: ma che hanno fatto rivivere il reato di vilipendio al capo dello Stato, che è da considerarsi anacronistico, irragionevole e comunque da depenalizzare. Come intendo sostenere in questo mio scritto... (segue)
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