L'organizzazione scolastica, nel corso della sua evoluzione, ha attraversato fasi caratterizzate da notevoli differenze di impostazione; a questo proposito, un ruolo particolarmente rilevante (tale da costituire quasi una "cartina di tornasole" delle diverse impostazioni) deve essere attribuita al capo di istituto. A questo proposito, la dottrina ha rilevato come, durante il periodo fascista, prevalesse un modello che vedeva nel capo di istituto un superiore gerarchico del personale docente e che, a sua volta, attribuiva al preside un ruolo subordinato rispetto alla burocrazia ministeriale: <>. Dopo l’avvento della costituzione repubblicana (che, è appena il caso di ricordarlo, prevede un modello che pone al centro dell'organizzazione scolastica, il riconoscimento della libertà di insegnamento previsto dall'art. 33, 1° comma Cost.), la scuola subiva una decisiva riorganizzazione per effetto dei cc.dd. "decreti delegati" (d.P.R. 31 maggio 1974, n. 416 e 417) tesi ad instaurare la cd. "gestione sociale" della scuola ovvero un’organizzazione finalizzata a rispecchiare e ad inserire nel governo della comunità scolastica tutte le componenti (docenti, altro personale, genitori, studenti, ecc.) interessate allo svolgimento dell'attività scolastica. Ed è questa impostazione ad essere stata recepita dal t.u. 16 aprile 1994, n.297 inmateria di pubblica istruzione ed in particolare, dall'art. 396, 1° comma che attribuisce al capo di istituto la <>. Nell'ultimo decennio del secolo scorso lo scenario ideologico cambiava sostanzialmente; a fronte di una crisi evidentissima della cultura della partecipazione (che costituiva il sostrato ideologico della cd. gestione sociale della scuola) emergeva una sostanziale tendenza verso una maggiore efficienza e aziendalizzazione dell'azione amministrativa; tendenza rispecchiata, soprattutto, da una serie importante di provvedimenti amministrativi di riorganizzazione della p.a. e da un complessivo mutamento della cultura amministrativa di base. Di conseguenza, in una legge di riforma della pubblica amministrazione (la l. 15 maggio 1997, n. 59, c.d. Bassanini uno), era inserita una disposizione, l'art. 21, che, oltre a dare vita al processo normativo che è poi sfociato nell'introduzione della cd. autonomia scolastica, prevedeva un 16° comma che attribuiva al governo una delega legislativa finalizzata al conferimento della qualifica dirigenziale ed alla contrattualizzazione della disciplina del rapporto di lavoro dei capi di istituto. La delega era esercitata dal governo con il d.lgs. 6 marzo 1998, n. 59 che inseriva, all'interno del d.lgs. 3 febbraio 1993, n.29, una serie di disposizioni (gli artt. 25 bis e ter e l'art. 28 bis) finalizzate all'attribuzione ai capi di istituto della qualifica dirigenziale ed alla regolamentazione dei requisiti e delle procedure di accesso alla carriera. Le dette disposizioni erano poi trasfuse nel d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (t.u. sul pubblico impiego) ed in particolare, nell'art. 25 che regolamenta i contenuti professionali della figura del dirigente scolastico e nell'art. 29, dedicato alla disciplina dei requisiti e delle procedure d'accesso alla qualifica... (segue)
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