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FOCUS - Fonti del diritto N. 3 - 19/10/2015

 Tendenze in materia di delegazione legislativa nella giurisprudenza recente

La XVI e la XVII legislatura (in corso) non possono che confermare la tendenza, ormai perdurante, secondo la quale una grossa percentuale della produzione normativa primaria sia rappresentata da atti aventi forza di legge. Tale circostanza ha fatto sì che alla Corte non mancassero occasioni di giudizio su questioni aventi ad oggetto atti normativi primari del Governo e, come immediata conseguenza di ciò, che nelle pronunce sia rintracciabile la ricerca costante di un punto di equilibrio che leghi l’art. 70 della Costituzione e gli artt. 76 e 77 della Costituzione. Vale a dire tra la norma costituzionale che attribuisce funzione legislativa in via esclusiva al Parlamento e le – seppur eccezionali – forme di esercizio del potere legislativo riconosciute al Governo. La linea adottata dalla Corte, però, non può dirsi univoca con riferimento alla decretazione d’urgenza e alla decretazione delegata. Mentre nel primo caso il Giudice costituzionale ha censurato con maggior vigore l’uso patologico del decreto-legge e delle leggi di conversione, si è mostrato, invece, più clemente nei confronti delle leggi di delega e dei decreti legislativi. È infatti noto che, quantomeno in tempi recenti, vi sia stata una certa qual vivacizzazione della giurisprudenza in materia di decretazione d’urgenza che ha sradicato prassi sedimentate da tempo. Altrettanto non può dirsi della giurisprudenza riguardante la delega legislativa nella quale il giudice di legittimità è stato «particolarmente sfuggente ed evasivo». Il differente approccio adottato dalla Corte trova riscontro nel mero raffronto dei dati numerici. Sebbene, dal 2011, le pronunce della Consulta che hanno avuto ad oggetto decreti legislativi siano abbondantemente superiori a quelle concernenti decreti-legge e relative leggi di conversione, il numero delle questioni fondate è pressoché uguale, mal celando un doppio binario di valutazione. Partendo dall’assunto che entrambi gli atti normativi primari del Governo costituiscono un’eccezione al monopolio del potere legislativo solennemente attribuito dall’art. 70 della Costituzione al Parlamento, si possono individuare diverse ragioni pratiche alla base di tale “ritrosia” della Corte. Secondo alcuni, la scelta di conferire la delega sarebbe in un certo qual modo esente dal sindacato di legittimità costituzionale perché «la giuridicizzazione dell’an della delega comporterebbe che la Corte possa censurare la eventuale manifesta irrazionalità del conferimento […] il che, oltre a postulare una estensione degli ambiti della riserva di legge formale, si tradurrebbe in un sindacato assai vicino a quello di merito». La scelta operata dalla Corte, inoltre, potrebbe essere ricondotta al diverso ruolo rivestito dal Parlamento nel caso di decretazione d’urgenza e in quello di delegazione legislativa. Mentre nel primo il Parlamento è chiamato a verificare ex post il rispetto dei criteri di straordinaria necessità ed urgenza necessari affinché il provvedimento provvisorio adottato dal Governo possa essere convertito in legge; nel secondo, il Parlamento – anche se spesso proprio su iniziativa governativa – attribuisce ex ante con legge ordinaria il potere al Governo di intervenire normativamente entro un certo termine, in un determinato ambito e secondo determinati principi e criteri direttivi. Ed è proprio nei confronti del controllo parlamentare – successivo nel caso del decreto-legge e preventivo nel caso del decreto legislativo – che la Corte ha costruito un diverso orientamento: le leggi di conversione dei decreti legge sono state oggetto di un controllo sempre più penetrante da parte del giudice costituzionale nel raffronto con l’art. 77 della Costituzione mentre, come si evidenzierà a breve, l’intervento della Consulta a censura di leggi di delega adottate in violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione è pressoché inesistente... (segue)



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