Dalla complessa trama concettuale contenuta nell’art. 19 Cost. può desumersi un diritto costituzionale presupposto dalla stessa libertà religiosa, ossia un diritto fondamentale a pretendere dalla Repubblica, nelle sue articolazioni soggettive, un bene immobile all’interno del quale fisicamente esercitare e praticare tale libertà (rectius, diritto costituzionale); in altre parole un diritto costituzionale a veder generate le condizioni materiali idonee a garantire l’effettività del portato dell’art. 19 Cost. Non può negarsi, infatti, come tale disposizione abbia nel proprio seno il riconoscimento di una doppia anima: una fisica (urbanistico-edilizia) e una meta-fisica (di contatto con la dimensione divina, pur attraverso comportamenti esteriori e quindi giuridicamente rilevanti), per quanto il suddetto bene immobile (sia esso una chiesa, un tempio, una moschea, una stanza o finanche un giardino), oggetto di una quotidiana pretesa degli uomini dell’ordinamento (cittadini e stranieri), costituisca esso stesso il ponte tra le due dimensioni. Ai presenti fini, al di là del contenuto sostanziale dell’art. 19 Cost., secondo cui tutti hanno il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, di farne propaganda e di esercitarla, ciò che rileva sono le modalità di esercizio (non solo in forma individuale ma anche) in forma “associata” e (non solo in privato ma anche) in “pubblico”. Tali modalità, infatti, necessitano di luoghi fisici -che abbiano le caratteristiche oggettive quindi di accessibilità indiscriminata e di contestuale esercizio della libertà di riunione (art. 17 Cost.)-, senza i quali la libertà religiosa risulterebbe priva del proprio presupposto materiale e quindi compromessa in radice. In questa logica il diritto di libertà religiosa, nella sua dimensione personalista, sia individuale che collettiva, ancorata alla dinamicità delle formazioni sociali a vocazione confessionale (art. 2 Cost.), è preceduto da una domanda (rectius, da un bisogno materiale) di disponibilità di luoghi, che prescinde peraltro dai rapporti istituzionali tra lo Stato e la Chiesa cattolica (art. 7 Cost.) o tra lo Stato e le altre Confessioni religiose (art. 8 Cost.), manifestando un palese discrimine tra un modello di “autorealizzazione” in materia religiosa (e quindi un modello di rapporto diretto tra gli individui e le Amministrazioni pubbliche, alle quali i primi rivolgono le proprie istanze) e un modello istituzionalista (caratterizzato da una mediazione esponenziale degli Enti confessionali, interposti rispetto alle Amministrazioni pubbliche). Non può negarsi come l’intima connessione tra la libertà religiosa, nella suddetta vocazione personalista, e la disponibilità materiale degli edifici di culto, intesi come mero contenitore di un pluralismo confessionale necessario, sia emersa da subito nella giurisprudenza costituzionale, sin da quando la Corte, dichiarando la illegittimità costituzionale della normativa sui culti “ammessi”, nella parte in cui assoggettava ad autorizzazione amministrativa l’apertura dei templi e degli oratori, marcò una cesura netta tra l’ambito di copertura costituzionale della libertà di esercizio di culto e quello della organizzazione dei rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose. Tale connessione è stata ribadita nelle altre due uniche occasioni in cui la Corte costituzionale si è pronunciata sulla specifica materia della edilizia di culto, dichiarando illegittime due normative regionali che subordinavano la concessione di un contributo, teso ad agevolare la libertà religiosa e specificatamente la realizzazione di edifici di culto, alla stipulazione di una intesa ex art. 8, 3° comma, Cost. Peraltro un riscontro sovranazionale della riconducibilità della disponibilità di un edificio di culto nell’alveo della dimensione personalista sembra desumersi dal diritto vivente della Corte EDU, che ha riconosciuto nell’art. 9 CEDU la garanzia convenzionale della disponibilità dei luoghi di culto come aspetto essenziale della libertà individuale di religione. Tuttavia sembra necessario fare un passo in avanti rispetto a tale prospettiva, come anticipato in apertura... (segue)
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