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NUMERO 24 - 23/12/2015

 Lo statuto costituzionale dei popoli autoctoni in Bolivia con particolare riguardo alla giustizia indigena

I popoli autoctoni dell’America Latina hanno sempre mantenuto e alimentato la vigenza della costumbre, ossia l’insieme di usi, pratiche, costumi, credenze e principi che regola la vita sociale all’interno della comunità, nonostante le politiche repressive e assimilazioniste succedutesi dalla dominazione coloniale in avanti. Ora, i gruppi che lottano per l’etnodesarrollo, e che ambiscono a ottenere l’effettivo riconoscimento della rappresentanza indigena a livello istituzionale e dei loro diritti comunitari, sembrano trovare un modello di riferimento in Bolivia, paese che, fra quelli del continente sudamericano, conta la percentuale più elevata di nativi in rapporto alla popolazione complessiva. La presente indagine muove da una breve premessa storica sul difficile percorso di riconoscimento costituzionale dei diritti riguardanti tali gruppi per giungere all’esame dei disposti contemplati nel testo boliviano vigente dal 2009, che danno vita a uno Stato plurinazionale e interculturale. Il processo di decolonizzazione e di desubalternizzazione che l’ordinamento così sostiene è implementato dalle disposizioni sullo statuto dei popoli autoctoni e, quali elementi essenziali per il mantenimento e la promozione dei loro valori e della loro cultura, dal riconoscimento della costumbre e dall’immissione della giustizia ctonia nell’alveo del potere giudiziario. L’analisi si intende soffermare su quest’ultimo profilo per testare la solidità del nuovo impianto, segnalando alcuni aspetti critici insiti nella Ley de Deslinde Jurisdiccional nr. 073 del 29 dicembre 2010 di disciplina dei rapporti fra autorità giudiziarie indigene e le altre giurisdizioni. Al contempo, si vuole mettere in luce la pratica interculturale adottata dal Tribunal Constitucional Plurinacional nell’esercizio delle funzioni che vanno a incidere nella sfera dell’autoctonia e il ruolo ricoperto dal giudice delle leggi nell’ambito dello Stato plurinazionale e interculturale. Storicamente, i dominatori spagnoli non negano in radice l’esistenza del diritto locale. Dalla metà del Cinquecento, ai capi indigeni viene accordato il potere di regolare i rapporti sociali nei loro rispettivi territori. In cambio dell’autonomia, che comprende l’amministrazione della giustizia nel diritto di famiglia, agrario e penale, si fissano i tributi da versare ai rappresentanti della Corona e si impone il rispetto delle autorità spagnole e dei precetti della religione cattolica. Nonostante la tolleranza per questa forma di pluralismo giuridico, le numerose rivolte degli autoctoni che si registreranno nel corso dei secoli appaiono indicative del tipo di trattamento da essi subìto e dei contrasti con i colonizzatori. Con l’avvento della Repubblica, nella prima costituzione dell’indipendenza, redatta da Simón Bolívar ed entrata in vigore nel 1826, non si fa cenno ai diritti dei nativi. Il disegno assimilazionista era già visibile nei c.d. decreti di Trujillo del 1824, riferiti a zone del Perù ora boliviane. Ivi si dichiarano invalide le autorità dei popoli indigeni, così sconfessando i sistemi di governo e di giustizia di tali gruppi; si ordina il pagamento del salario anche per quei lavori che nelle comunità non sono compensati in denaro essendo fondati sul dono; si prevede la proprietà individuale dei terreni, in contrasto con il sistema collettivo e a rotazione e tale da spezzare il fondamento del rapporto fra il gruppo e la terra. Pure le successive carte fondamentali replicheranno questa impostazione. Il riferimento al popolo boliviano, non contemplando la diversità etnica, sottolinea la nascita di uno Stato che si presuppone omogeneo. La mancanza di considerazione per i nativi e per la loro cultura si farà ancora più nitida nella Ley de Ex vinculación del 1874. L’atto disconosce ufficialmente le comunità indigene e, legittimando l’estinzione della proprietà collettiva del ayllu e la sua sostituzione con la proprietà individuale, comprometterà l’esistenza di vari gruppi. La seconda metà dell’Ottocento è contrassegnata da ribellioni dei popoli locali a difesa della loro autonomia, lotte che si intersecano con i moti dei federalisti e raggiungono un apice di successo nel 1890, con la proclamazione del primo governo indigeno della storia boliviana nel territorio di Peñas. L’estemporaneo esperimento di liberazione autoctona non avrà ulteriore eco. Appena nella costituzione del 1938, e solo in apparenza, si registra una sorta di blando riconoscimento delle collettività originarie, laddove la Sezione dedicata al campesinado menziona i nativi. L’identità etnica è infatti accostata alla condizione di contadino (campesino), a sottolineare le politiche agrarie indirizzate prevalentemente agli indigeni. Queste due dimensioni in molte parti dell’area andina, compresa la Bolivia, continuano a sovrapporsi ancora oggi, quantunque non tutti i campesinos siano nativi e viceversa. La Sezione si compone di tre articoli nei quali si afferma che lo Stato riconosce e garantisce l’esistenza giuridica delle comunità indigene; che la legislazione sulle questioni indigene e in materia agraria sono approvate tenendo in considerazione le caratteristiche delle diverse regioni del paese; che lo Stato promuove l’educazione dei campesinos (artt. 165-167 cost. 1938). L’impostazione di fondo riflette la logica assimilazionista volta a risolvere la condizione di minorità degli indigeni imponendone l’inserimento sociale secondo gli stilemi della cultura dominante, ossia rendendoli tutti campesinos e negando di fatto le loro specificità, nonché subordinando i loro sistemi di governo e di giustizia alle limitazioni imposte per legge. Queste disposizioni verranno soppresse con l’entrata in vigore della costituzione del 1967, senza però invertire la tendenza: qui ci si limita, all’art. 174 del Titolo III sul regime agrario e contadino, a disporre l’alfabetizzazione e l’educazione dei campesinos, ovviamente sempre nell’ottica monista che concepisce un’unica possibile cultura, quella di matrice occidentale... (segue)



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