Ha suscitato un coro pressoché unanime di entusiastico consenso la recente sentenza Schrems della Corte di Giustizia che ha invalidato la decisione 2000/520/CE della Commissione europea sul meccanismo del c.d. safe harbor. In sostanza, i giudici di Lussemburgo hanno ritenuto estremamente inadeguato un sistema che, da ormai un quindicennio, consente il trasferimento di dati personali dall’Unione Europea agli Stati Uniti, proprio grazie all’avallo della Commissione europea. La pronuncia è stata interpretata, più che legittimamente, come una ulteriore conferma della strenue difesa del diritto alla privacy da parte del giudice europeo, contro gli usi e gli abusi del trattamento dei dati sul web, svelati, ad esempio, dal famigerato scandalo PRISM. Se risultano innegabili, e in linea di principio condivisibili, gli sforzi della Corte di Giustizia in tale direzione, il complesso di argomentazioni giuridiche cui essa fa ricorso lascia, tuttavia, più di qualche dubbio... (segue)
La riforma delle amministrazioni pubbliche, tra piattaforme interoperabili e atti amministrativi digitali
Pietro Falletta (27/12/2023)