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NUMERO 5 - 09/03/2016

 Gli organici nel riassetto delle province

E’ noto che alla base delle politiche di contenimento del deficit pubblico si pone il vincolo, di derivazione comunitaria, della sostenibilità dei bilanci pubblici, peraltro oramai penetrato a tal segno nel nostro ordinamento da essere assurto, ben prima della riforma costituzionale del 2012, a stregua di vero e proprio valore costituzionale, suscettivo di condizionare la tutela di altri interessi o valori costituzionalmente rilevanti, siano essi riferiti ai diritti sociali piuttosto che all’autonomia degli enti territoriali. Tale circostanza non deve sorprendere, considerato che, per un verso, il principio di primazia impronta di sé l’intero ordinamento comunitario e che, sotto altro ma collegato aspetto, l’equilibrio delle finanze pubbliche ha rappresentato, sin dalla nascita della moneta unica, uno degli assi portanti delle politiche perseguite dalle istituzioni dell’Unione, in funzione della realizzazione della convergenza economica necessaria ad assicurare la sostenibilità nel lungo periodo dell’unione monetaria. Tuttavia, il grado di pervasività del principio è divenuto viepiù evidente dopo il 2010, all’indomani cioè della deflagrazione della c.d. crisi dei debiti pubblici, quando l’Unione ed i suoi membri sono stati sospinti a varare, in via d’urgenza, reiterate misure onde rivedere in senso più restrittivo le regole di governo delle finanze pubbliche nazionali. Su questo terreno, neppure sono mancate iniziative fuori della cornice normativa ed istituzionale del diritto della U.E., come il caso del Fiscal compact emblematicamente dimostra. Peraltro proprio a questo specifico Trattato è da ricondurre l’impegno dello Stato italiano ad introdurre nell’ordinamento interno l’obbligo di pareggio di bilancio, mercé il suo recepimento in norme munite di rilevanza costituzionale, da cui è discesa la costituzionalizzazione del principio della sostenibilità del debito, oramai peraltro riferito a tutte le amministrazioni pubbliche (artt. 97, 81 e 119 Cost.). Vero è che, anche in questo periodo di transizione, caratterizzato da una lenta fuoriuscita da una prolungata fase di recessione economica, il vincolo comunitario continua a condizionare fortemente l’ordinamento interno, esponendolo a forti torsioni, al fondo delle quali si pone la problematica individuazione di un soddisfacente bilanciamento tra il valore dell’equilibrio di bilancio e lo spirito solidaristico ed autonomistico della nostra Costituzione. Il caso, assai singolare, della riforma delle province offre una emblematica rappresentazione delle tensioni che attraversano l’ordinamento giuridico nella fase attuale. E’ noto che l’intervento di riallocazione delle funzioni in capo ai diversi livelli di governo realizzato dalla Legge 7 agosto 2014, n. 56 (c.d. Legge Delrio) fosse in realtà da tempo auspicato in funzione del superamento della complessità degli assetti delle competenze, da sempre riguardati negativamente proprio in ragione della loro scarsa funzionalità, giacché ritenuti fonte di inutili sovrapposizioni quando non di inesauribili conflitti di competenze. Pur se nata in un contesto di crisi, sì da essere stata in realtà propiziata, in una logica di efficientamento del sistema, proprio dalle istituzioni comunitarie, la Legge Delrio ambisce in realtà a porsi a stregua di disegno di ampio respiro, sì che non pare implausibile pronosticarne la sopravvivenza pur dopo la revisione, attualmente in discussione, del titolo V della Costituzione... (segue)



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