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NUMERO 12 - 15/06/2016

 Riflessioni sulla riforma costituzionale attraverso il prisma della storia repubblicana

Tra le ragioni che contribuiscono a spiegare le ragioni del “SI” alla riforma costituzionale approvata dal Parlamento il 12 aprile 2016, militano, fortissime, quelle che sia riallacciano al profondo mutamento del contesto storico-politico che ha segnato la nascita e il consolidamento della Carta repubblicana. La Costituzione, entrata in vigore l’1 gennaio 1948, porta ancora oggi le stimmate di quella fase della storia d’Italia, nella quale il nostro Paese - ancora immerso nella tragedia della secondo guerra mondiale - aveva smarrito quei fondamenti di solidarietà politica che costituiscono il presupposto di ogni ordinamento costituito. Come è noto, il nostro assetto costituzionale trae le sue radici, ancor prima che nel lavoro dell’Assemblea costituente, nel Patto di Salerno del 1944 (recepito con il celebre G.L.Lgt. n. 151/1944), allorché le forze del Comitato di liberazione nazionale e la Monarchia decisero di stipulare la c.d. “tregua istituzionale”, proprio al fine di avviare quel percorso di ricostituzione della comunità politica italiana, ancora squassata, oltre che dalla guerra mondiale, anche da una durissima guerra civile tra fascisti e antifascisti. Il c.d. “patto di Salerno” segna, dunque, l’arretramento del peso politico della Corona e il primo vero riconoscimento del ruolo dei partiti, coalizzati nel CLN, quali detentori dell’indirizzo politico nell’assetto costituzionale provvisorio. In quella fase, le maggiori forze politiche (la DC, il PCI, il PSIUP, il PLI, il Partito d’Azione e Democrazia del Lavoro), grazie alla fortissima legittimazione della loro classe dirigente e alla carica di speranza che suscitavano le grandi “visioni del mondo” di cui costituivano espressione, riuscirono a colmare il vuoto istituzionale che si era creato dopo il 25 luglio 1943, con la firma dell’armistizio dell’8 settembre e la c.d. “fuga di Brindisi”. Così, nonostante l’assenza di un ordinamento costituito, furono proprio i partiti politici a garantire la vita di quella Costituzione provvisoria che consentì di giungere, cessate le ostilità, al referendum istituzionale del 2 giugno 1946 e all’elezione dell’Assemblea costituente. Non solo. Anche dopo l’entrata in vigore della Costituzione i partiti hanno assolto un ruolo essenziale per il progressivo assorbimento delle contrapposizioni politiche, ma anche sociali ed economiche, che continuavano ad attraversare la società italiana e che si riflettevano in talune suggestioni “antisistema” presenti nei principali partiti di sinistra (PCI) e di destra (MSI), ma più spesso, in forme ben più aggressive, nei movimenti parlamentari o extraparlamentari che dai primi, progressivamente, si andavano distaccando. Invero, nonostante le profonde divisioni di natura ideologica, con i noti riflessi di ordine geopolitico, i partiti protagonisti della prima fase della Repubblica, hanno svolto al meglio la loro funzione di integrazione sociale e nazionale, contenendo i molteplici cleavages del nostro Paese, diviso lungo linea che distingueva liberali e socialisti, cattolici e laici, ma anche nord industrializzato e sud agricolo. Attraverso, il coinvolgimento di grandi masse di cittadini tanto nelle loro articolazioni territoriali, quanto nelle rispettive organizzazioni parallele, operanti in ogni campo della vita sociale ed economica, i partiti (a cominciare, naturalmente, dalla DC e dal PCI) riuscirono, sino alla fine degli anni sessanta, a rappresentare un efficace strumento di mediazione tra la società e lo Stato. Se è così, per giudicare le riforme oggetto del dibattito odierno, non bisogna dimenticare che con la Costituzione repubblicana era stato predisposto un campo di gioco, le cui regole erano pensate - in un clima che, con un ossimoro, si potrebbe definire di diffidenza collaborativa – proprio per costringere i partiti alla continua ricerca del compromesso parlamentare, in vista di un auspicato progressivo assottigliamento delle più radicali differenziazioni ideologiche e socio-economiche tra le diverse componenti della Repubblica... (segue) 



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