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NUMERO 14 - 13/07/2016

 Le città metropolitane nel guado costituzionale

L’inquadramento costituzionale delle città metropolitane risente di una forte tensione dinamica risultante da forze al contempo operanti e di diversa origine, che non agevolmente consentono una lettura armonica dell’ente nel complessivo assetto territoriale. Il legislatore ordinario, che ha finalmente provveduto ad istituire direttamente con la legge n. 56/2014 l’ente territoriale metropolitano, si pone nella difficile posizione di inserirsi nell’assetto del territorio di cui alla vigente Costituzione, ma anche di “dialogare” con un orizzonte costituzionale di riforme non ancora realizzate.Le città metropolitane rappresentano un livello di governance del territorio di area vasta, che è stato solo recentemente realizzato, ma che pure “vanta” un lungo cammino. Come noto, la città metropolitana è stata prevista per la prima volta nel nostro ordinamento con la legge n. 142/1990, in cui il legislatore svolse un importante esercizio di attuazione e, al contempo, rimodulazione dell’assetto dell’organizzazione e funzioni delle autonomie locali, a Costituzione invariata. L’impianto snello, disciplinato in particolare negli articoli 17 e 18 della legge n. 142/1990 e nel successivo testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, si limitava in realtà a regolare la procedura di istituzione e alcuni profili organizzativi. Il legislatore statale decideva in quel testo di rimettere alle regioni, con il coinvolgimento dei comuni e della provincia, la determinazione del nuovo ente e prima ancora la individuazione della relativa area metropolitana. Si trattava di una soluzione che aveva gli indubbi pregi di rendere flessibile e collegata ai territori l’istituzione e l’ordinamento stesso delle città metropolitane e che presupponeva, al contempo, proprio per la flessibilità del modello di riferimento, una “autonomia mediata dalla legge regionale” per la realizzazione del nuovo ente locale metropolitano; si richiedeva un’attività dal basso, che mancò. L’inerzia, che invece ne derivava, nonostante gli stretti passaggi temporali indicati nella legge, diviene poi, nel 2001, espressione di una vera e propria inattuazione costituzionale, con la riforma del Titolo V, profondamente rivisitato, a partire dal suo articolo di apertura che pone le Città metropolitane quale ente territoriale in cui si articola la Repubblica. Inoltre, con la legge costituzionale n. 3/2001, non ci si limita meramente a inserire il nuovo ente in Costituzione, nell’articolazione della Repubblica, ma vengono riferite espressamente allo stesso molteplici disposizioni, individuando un nuovo assetto del governo del territorio come espressione forte ed efficace del pluralismo autonomistico di cui all’articolo 5 della Costituzione. Certo, le inerzie che hanno impedito la realizzazione, ai sensi della legge n. 142/1990, delle città metropolitane - realizzazione che pure poteva contare sul piano comparato di tanti modelli ampiamente collaudati di riferimento - aiutano forse a comprendere, almeno sul piano politico, alcune scelte del legislatore statale del 2014, che certo ridimensionano, rectius accantonano, nella “legge Delrio”, il ruolo regionale nel delineare in modo flessibile le istituende città metropolitane nelle diverse realtà territoriali. Il fatto è che, con la riforma del titolo V della Costituzione, la prospettiva cambia in modo radicale. La città metropolitana diviene un ente locale costituzionalmente necessario nell’articolazione della Repubblica ai sensi dell’articolo 114 della Costituzione. E, se è vero che la costituzionalizzazione delle città metropolitane non si pone di per sé quale strumento di garanzia di effettività dell’istituzione delle stesse, è anche vero che il ritardo, nell’adozione degli strumenti normativi necessari per l’istituzione del nuovo ente, diviene costituzionalmente rilevante. La realizzazione del nuovo titolo V della parte II richiede l’istituzione degli enti territoriali, lì previsti, tra cui appunto vengono inserite le città metropolitane. Si tratta di porre in essere strumenti legislativi che costituiscono anche inveramento degli stessi principi di autonomia e decentramento e che fissano un nuovo equilibrio nel rapporto tra gli enti territoriali costituzionalmente necessari nonché di questi ultimi con lo Stato... (segue)



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