
Con un Accordo sottoscritto il 20 giugno 2016 rispettivamente dal Presidente della Regione siciliana e dal Presidente del Consiglio dei Ministri, la Sicilia e lo Stato italiano hanno sancito un’intesa in materia di finanza pubblica che per produrre effetti nell’ordinamento giuridico il Governo ha recepito in un Decreto-legge del 24 giugno 2016 n. 113 recante “Misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio”, il quale deve ora essere convertito in legge entro 60 giorni, come prescritto dall’art. 77 della Costituzione. Com’è noto, questo Accordo contiene una intesa in base alla quale lo Stato riconosce, a regime, alla Sicilia un miliardo e seicento milioni annui di entrate in più da IRPEF, IVA ed altre imposte a fronte di un impegno molto gravoso per la Regione in materia di riduzione della spesa corrente – a partire dai costi del pubblico impiego regionale e dai costi della politica nei Comuni – e di applicazione delle norme nazionali sulla pubblica amministrazione con il recepimento della riforma MADIA e sull’ordinamento dei poteri locali con l’adozione della riforma DELRIO. Inoltre, l’Accordo prevede il ritiro di tutti i contenziosi contro lo Stato aperti dalla Regione siciliana dinanzi alla Corte Costituzionale entro il 31 dicembre 2015 (Nell’ipotesi di un esito favorevole alla Sicilia, secondo una stima di valore che circola negli ambienti finanziari della Regione, si tratterebbe di circa 5/6 miliardi di euro). Ma non sono solo questi gli impegni assunti dal Presidente della Regione siciliana. Vi è anche quello della riduzione di almeno il 3% annuo, fino al 2020, della spesa corrente (circa 400 milioni), che non riguarderà la sanità ma il personale sì, se è vero che nell’Accordo il Governo nazionale ha fatto scrivere che per ridurre del 3% annuo la spesa corrente si dovrà partire proprio con “ la riduzione dei costi del pubblico impiego regionale”, eliminando la distinzione tra prima e seconda fascia dirigenziale. Altro impegno, infine, che la Regione ha accettato è che dovrà riformare l’ordinamento locale procedendo all’accorpamento dei piccoli Comuni ed all’unificazione di molti degli uffici per i servizi locali i cui costi non sono più politicamente sostenibili. Com’è obbiettivamente facile constatare non si tratta di una intesa leggera, sottoscritta in uno spirito di collaborazione e cooperazione interistituzionale. Piuttosto si ha la sensazione di un accordo pesante dove la asimmetrica posizione di forza del Governo nazionale ha imposto a quello della Regione siciliana l’accettazione di vere e proprie “clausole vessatorie”... (segue)
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