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FOCUS - Riforma costituzionale N. 1 - 27/01/2016

 L'impatto della riforma costituzionale Renzi-Boschi sull'assetto delle funzioni amministrative: problemi e prospettive

Uno degli obiettivi che il disegno di legge costituzionale Renzi-Boschi si propone è quello di semplificare i rapporti tra i diversi livelli di governo, definendo un sistema imperniato su un nuovo modello di interlocuzione e di collaborazione inter-istituzionale, volto ad incoraggiare il protagonismo dei territori nella composizione dell’interesse generale e la compiuta espressione del loro ruolo nel sistema istituzionale. Nella dichiarata consapevolezza «che l’autonomia degli enti diversi dallo Stato costituisca un insostituibile elemento di arricchimento del sistema istituzionale», la proposta in parola intende realizzare «un nuovo equilibrio tra l’unità e l’indivisibilità della Repubblica e l’esigenza di salvaguardare e promuovere le sfere di autonomia delle Regioni e degli enti locali», attraverso un percorso che si articola su differenti fronti: a) semplificare i livelli territoriali di governo, eliminando il riferimento alla Provincia ovunque esso ricorra nel testo costituzionale; b) riformare radicalmente i criteri di riparto delle competenze legislative; c) valorizzare, declinandolo in modo nuovo, il pluralismo istituzionale ed il principio autonomistico, con l’obiettivo di incrementare complessivamente il tasso di democraticità del nostro ordinamento. A tale logica di fondo si ispira il superamento dell’attuale bicameralismo paritario e la trasformazione del Senato della Repubblica in Senato delle Autonomie, rappresentativo delle istituzioni territoriali, cui viene inscindibilmente connesso il nuovo assetto della potestà legislativa derivante dalle modifiche proposte in tema di revisione del Titolo V della Costituzione, caratterizzato dal passaggio alla competenza esclusiva dello Stato di buona parte delle materie prima affidate alla legislazione concorrente Stato-Regioni e dalla presenza di clausole di colegislazione, tra le quali spicca la cd. «clausola di supremazia». A fianco ed a completamento di questo primario obiettivo – da inverare «positivamente nelle dinamiche istituzionali» mediante «sedi, strumenti, procedure e metodi nuovi, che assicurino il dispiegamento del principio autonomistico in un quadro di cooperazione inter-istituzionale e di composizione delle istanze dei territori nell’interesse generale del Paese» – si colloca l’esigenza di rinnovare l’amministrazione territoriale, che, «in un contesto di severa crisi economica e sociale, dal quale facilmente traggono linfa pulsioni antisistema volte a delegittimare sia i partiti politici, sia, di riflesso, le stesse istituzioni rappresentative ai cui organi essi forniscono la provvista», rappresenterebbe «la sola risposta possibile». Il rinnovo dell’«architettura istituzionale» prende avvio dalla riforma degli apparati, anche con l’intento di una riduzione dei costi politico-istituzionali che possa realizzare un armonico equilibrio tra le esigenze della spending review e la valorizzazione dell’autonomia territoriale. Si espunge così dal testo della Costituzione il riferimento alle Province considerate fonti di spesa ormai insostenibili e, contestualmente, si conferma la necessità e/o l’opportunità di mantenere un livello di governo intermedio sub specie di “enti di area vasta”. Il vasto progetto di razionalizzazione e semplificazione del sistema degli enti locali necessita, però, di una disciplina attuativa che orienti efficacemente il processo di riallocazione delle funzioni amministrative, specificamente per ciò che attiene a quelle che richiedono un esercizio unitario sovracomunale... (segue) 



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