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FOCUS - Riforma costituzionale N. 1 - 27/01/2016

 La legge elettorale per il nuovo Senato: un possibile vincolo all'autonomia politica regionale?

Oggetto del presente contributo sono le disposizioni concernenti il sistema elettorale per il Senato della Repubblica contenute nel testo di legge costituzionale approvato dalle Camere in seconda deliberazione il 12 aprile 2016, nella prospettiva del loro impatto (potenziale o verosimile) sull’autonomia politica delle Regioni e delle Province autonome. Preliminarmente all’analisi delle disposizioni concernenti il sistema elettorale del Senato, sembra opportuno sottolineare un profilo che si ritiene assolutamente centrale, sia in senso generale sulla composizione del “nuovo” Senato, sia nello specifico in relazione al suo sistema di elezione: com’è noto, la composizione del “nuovo” Senato prevede la necessarietà del cumulo tra il mandato senatoriale e quello regionale o locale, in quanto sono eleggibili a senatori unicamente – al di là dei cinque senatori di nomina presidenziale e degli ex Presidenti della Repubblica, componenti di diritto – i consiglieri regionali e, nella misura di uno per ciascuna Regione o Provincia autonoma, i sindaci dei comuni dei rispettivi territori. Tale soluzione ha consentito di ricondurre a coerenza due dei punti fermi sulla base dei quali è stata modellata la composizione del nuovo Senato, quali la sua trasformazione in un’Assemblea a elezione indiretta e l’eliminazione delle indennità per i suoi membri. La congiunzione tra questi due aspetti ha costituito il punto di partenza per giungere alla definizione della composizione del Senato riformato: un’Assemblea basata non solo sulla elezione indiretta, ma anzi sul necessario cumulo di mandati rappresentativi o di governo presso le autonomie regionali o comunali (ossia gli unici livelli territoriali nei quali permangono organi eletti direttamente dai cittadini). Il necessario cumulo di mandati ha infatti consentito di giungere contestualmente a due obiettivi annunciati sin dal titolo del disegno di legge governativo, ossia la “riduzione del numero dei parlamentari” (consistente in realtà in una riduzione dei “soli” senatori, posto che i deputati restano 630) e la “riduzione dei costi della politica”, consistente almeno nella eliminazione della indennità per i senatori, come pure dei “rimborsi o analoghi trasferimenti monetari recanti oneri a carico della finanza pubblica in favore dei gruppi politici presenti nei Consigli regionali”, nonché della fissazione del limite agli emolumenti per i consiglieri regionali pari all’importo di quelli attribuiti ai sindaci dei Comuni capoluogo di Regione. Questo punto di osservazione sulle disposizioni che delineano la composizione e il sistema di elezione del Senato non può essere ignorato. La trasformazione della seconda Camera e la specifica opzione relativa alla sua composizione devono essere lette anche alla luce dell’intenzione del legislatore di revisione costituzionale di “portare al centro” soggetti già investiti da un mandato rappresentativo (e, eventualmente, di governo) negli organi degli enti territoriali, e regionali in particolar modo. In questa maniera si è creato, mediante una sorta di “unione personale” dei mandati senatoriale e territoriale, un collegamento diretto e necessario tra rappresentanza “nei” territori e rappresentanza “dei” territori, avendo come obiettivo parallelo la costituzione di premesse per una reciproca convergenza dei fini e dei mezzi, nell’auspicio di ridurre la conflittualità tra livelli di governo. Tuttavia, alla luce di quanto descritto, va valutata sin dal principio la possibilità che da questa scelta di fondo, che informa l’intero impianto della revisione costituzionale, derivi una compressione dell’autonomia politica regionale, e in particolare dell’autonomia legislativa delle Regioni, almeno nel senso di una riduzione della possibilità di autonoma decisione circa i destini del mandato rappresentativo regionale, quantomeno per quei consiglieri che saranno chiamati a ricoprire anche l’incarico senatoriale, nonché del suo intreccio con il regime delle ineleggibilità e incompatibilità... (segue)



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