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NUMERO 18 - 21/09/2016

 La Corte costituzionale e l'adeguatezza delle pensioni

In periodi di crisi economica e finanziaria l’effettività dei diritti sociali – diritti che costano – è notoriamente messa a dura prova, poiché gli Stati adottano severe misure d’austerità, finalizzate al contenimento della spesa pubblica, in ossequio agli obblighi interni di pareggio o equilibrio del bilancio e per far fronte agli impegni assunti sul piano internazionale e sovranazionale; nell’ambito dell’Unione Europea (UE) ciò accade soprattutto per garantire l’osservanza dei vincoli di stabilità che essa impone agli Stati membri. Tali misure tendono ovviamente a riguardare i diritti sociali di tutte le categorie di persone, ma a volte risultano più afflittive in alcuni settori della società, impegnando i giudici, in specie le Corti costituzionali, in difficili equilibrismi ermeneutici volti a giustificarle, caratterizzati soprattutto – ma non solo, come si avrà modo di precisare – dalle tecniche di bilanciamento degli opposti interessi, valori e principî in gioco. La Corte costituzionale italiana, durante l’attuale crisi, è stata investita da un numero sempre maggiore di questioni di legittimità riguardanti le misure che hanno colpito diverse categorie di soggetti, tra cui i pensionati, i dipendenti pubblici, contrattualizzati e non contrattualizzati, i magistrati, i docenti universitari, i diplomatici di carriera. Le sue decisioni non sono apparse sempre cristalline, per i diversi regimi che ne sono derivati nella distribuzione dei sacrifici, al punto che si potrebbe forse dubitare del suo ruolo imparziale; non tanto, però, di quello di formale custode dei valori costituzionali, quanto, piuttosto, di quello emerso storicamente dalla sua giurisprudenza, cioè di istanza di decantazione “razionale” dei conflitti politici e sociali. D’altronde, non si può ignorare che tutti i tribunali costituzionali, sicuramente quelli dei Paesi economicamente più avanzati, sono oggi chiamati a giocare una partita difficilissima quando giudicano della legittimità di norme che incidono negativamente sui diritti sociali, giacché sono reputati corresponsabili delle sorti dell’integrazione sociale e quindi della convivenza civile nelle rispettive comunità. La nostra Corte costituzionale, nella difesa dei diritti sociali, poggia il suo impegno sull’architrave del controllo accentrato di costituzionalità delle leggi, massimizzandone gli effetti a beneficio delle persone grazie al ricco catalogo di diritti, non solo sociali, che connota la nostra Carta fondamentale e ai principî fondamentali che ad esso sono inscindibilmente legati, tra i quali primeggia quello della dignità (umana e sociale), sorretto dalla «coppia assiologica fondamentale», composta dai principî di solidarietà ed eguaglianza (artt. 2 e 3 Cost.).  Ciò non significa, però, che tali principî debbano essere interpretati e bilanciati seguendo soltanto le pronunce del nostro Giudice delle leggi, senza quindi tenere in conto le valutazioni e le decisioni che li coinvolgono ad opera dei giudici e degli organi di controllo internazionali, dato che i principî consacrati nella nostra Costituzione – senza dubbio quelli appena richiamati – corrispondono ormai, in massima parte, a principî e valori divenuti progressivamente di valenza generale in ambito internazionale e sovranazionale. D’altra parte, mi sembra pure coerente con il nostro sistema costituzionale, in specie con i principî internazionalistici su cui esso si fonda e, di conseguenza, con gli impegni esterni liberamente assunti dallo Stato nel corso degli anni, andare alla ricerca di un equilibrio e di un’effettiva integrazione tra le molteplici norme garantistiche che si rinvengono sui vari livelli ordinamentali. In ogni caso, anche volendo limitarsi a considerare le interpretazioni e i bilanciamenti effettuati esternamente, si può comunque favorire – a mio avviso – la massimizzazione della tutela dei diritti in gioco. L’apporto ermeneutico, che si trae dal diritto straniero e attraverso la comparazione con gli altri ordinamenti, consente, infatti, il più delle volte, di pervenire a soluzioni che tutelano maggiormente i diritti in causa, compresi ovviamente i diritti economici e sociali. Per questo, nella parte conclusiva del presente lavoro, cercherò di porre in evidenza l’approccio interpretativo offerto dal Comitato Europeo dei Diritti Sociali (CEDS) in occasione di alcune sue decisioni, adottate durante l’attuale crisi economica in merito alle misure d’austerità inflitte in Grecia ad alcune categorie di pensionati; decisioni in cui il Comitato ha preso in attenta considerazione proprio gli stessi principî richiamati dalla nostra Corte costituzionale in alcune sue pronunce sul blocco della perequazione delle pensioni... (segue)



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