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NUMERO 21 - 02/11/2016

 Il consolidato orientamento giurisprudenziale invita a ritornare ancora una volta sulla identità strutturale della situazione di interesse legittimo. Una rimeditazione

Si scriveva di recente che occorreva dirigere lo sguardo, commentando una decisione del Consiglio di Stato, non tanto e non più sulla intima essenza della posizione giuridica (interesse legittimo) azionabile in maniera strumentale all’innesco del controllo sulla p.A., bensì sulla soggettivizzazione della titolarità in capo al cittadino, il quale non è più strumentalizzato ai fini appunto del controllo, ma è legittimato a perseguire (e/o conservare) quelle utilità che l’ordinamento garantisce (bene della vita), donde la garanzia giurisdizionale dell’interesse che sia legalmente protetto a vantaggio del soggetto titolare. E se si aggiunge quanto l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato di recente scolpisce che “si può affermare che (il soggetto privato) titolare di una posizione soggettiva di vantaggio, che lo abilita a realizzare direttamente il proprio interesse, previa instaurazione di una relazione con la pubblica amministrazione, ossia un contatto amministrativo, mediante informativa”, ovvero ancora quanto si legge in una precedente sentenza, muovendo, il discorso dalla novella di cui alla legge n. 15 del 2005, che “si è innestata, restituendogli nuova linfa, nello spirito originario delle riforme amministrative degli anni 1990, orientate nel senso di ridurre il divario tra p.A.-Autorità, in posizione di supremazia, e cittadino in posizione di soggezione, spesso irrimediabilmente penalizzante per quest’ultimo oltre  che per la completa acquisizione degli elementi fattuali e logico-cognitivi su cui deve poggiare ogni decisione pubblica”, si comprende agevolmente come molti tratti della terribile querelle risultino ormai chiariti, per quanto rappresentino ancora soltanto la prospettiva aperta per una indagine che intenda pervenire, per così dire, alla struttura molecolare della situazione in esame prima ancora del suo incedere in sede giurisdizionale. Una ulteriore spinta alla conoscenza è data dalla giusta osservazione di Pajno, il quale, commentando il Libro I, Disposizioni Generali, dell’approvato codice sul processo amministrativo, scrive “il riferimento alla “pretesa” della parte vittoriosa   evoca una distinzione colta ed assai famosa, che sta all’origine della teorica dell’azione, quella fra pretesa ed azione formulata da Windscheid, che segna… la nascita dell’azione come diritto di agire autonomo rispetto alla posizione sostanziale… Con l’ingresso ufficiale della “pretesa” nell’universo del processo amministrativo anche in quest’ultimo l’azione si separa  definitivamente dalla posizione soggettiva: in un certo senso si scindono quegli elementi-sostanza e processo- la cui unione aveva tradizionalmente  caratterizzato la giustizia amministrativa”. E si può concludere, con la citata Ad. Ple., che “di qui la trasformazione del giudizio amministrativo…da giudizio amministrativo sull’atto….a  giudizio sul rapporto regolato dal medesimo atto, volto a scrutinare la fondatezza della pretesa sostanziale azionata”. Donde una serie di interrogativi, ai quali la dottrina non può sottrarsi, pur avvertendosi che trattasi di un terreno minato da mille dubbi, ostacoli problematici  e convincimenti radicati in una (ormai) lunga storia non soltanto  tracciata nell’ambito della dottrina giuridica di elevato livello scientifico, ma anche riflesso di suggestioni di natura politico-istituzionale vissuti sotto le intemperie di orientamenti ideologici pre–costituzionali, che la sopraggiunta Costituzione non ha ancora spazzato via, visto la permanenza di ricostruzioni che ancora vengono delineate sullo sfondo di alcune prese di posizione non recenti. E’ appena il caso di notare, infatti, che la tematica, sulla quale si nutre il desiderio di rimeditare, costituisce uno spaccato (o se si vuole uno degli spaccati) da cui desumere  la modificazione del rapporto generale, e quindi istituzionale, cittadino-autorità amministrativa; rapporto che non si modifica soltanto per alcuni elementi, a dir così formali, bensì nella sua intima essenza anche in forza di una modifica della scala assiologica che lo Stato costituzionale  ha lentamente  maturato; pertanto anche  quest’ultimo profilo finisce per determinare l’interesse all’indagine intrapresa, la quale naturalmente non potrà prescindere da alcuni brevi riferimenti alla storiche condizioni politico-filosofiche che determinarono gli elementi costitutivi della tematica, nell’intesa che la prospettiva storica non può limitarsi a consultare la letteratura giuridica del tempo, ma piuttosto penetrare, attraverso questa, il Weltanshauung sociale (e quindi filosofico-politico) che consigliava ed a volte induceva a condividere certi orientamenti ricostruttivi, criticandone altri, perché è da convenire, che vi è una notevole differenza di metodo tra  la storia letteraria e la critica letteraria... (segue)



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