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NUMERO 23 - 30/11/2016

 La 'reviviscenza' del Piano strategico nazionale della Portualità e della logistica

Il piano della portualità e della logistica, apparentemente travolto dalla sentenza della Corte costituzionale  n. 261/2015, sembra conseguire rinnovata validità a seguito della successiva intesa raggiunta in sede di conferenza Stato-Regioni. Inoltre, le statuizioni della Corte sono state parzialmente riprese nell’art.201, secondo comma, dlgs 50/2016, che dispone appunto che il piano generale dei trasporti e della logistica (PGTL) è adottato “acquisito il parere della Conferenza unificata”, e nello schema di regolamento per la semplificazione e l’accelerazione dei procedimenti amministrativi riguardanti rilevanti insediamenti produttivi, opere di rilevante impatto sul territorio o l’avvio di attività imprenditoriali suscettibili di avere positivi effetti sull’economia o sull’occupazione. Per tali motivi, ed in attesa di conoscere le sorti del referendum costituzionale e, dunque, delle norme che dispongono la ricentralizzazione delle competenze in materia, i presenti rilievi si intendano circoscritti al piano attualmente vigente e alla travagliata vicenda che ha portato prima al suo annullamento e, successivamente, al suo recupero attraverso un assenso “postumo” delle regioni sul testo elaborato dal governo che, come si dirà, non pare idoneo a sostituire la procedura partecipata imposta dall’attuale ripartizione delle competenze Stato-regioni. La vicenda trae origine dal recente intervento della Consulta nel contesto delle grandi riforme che interessano la portualità, sollecitato dal ricorso della Regione Campania che lamentava l’incostituzionalità dell’art. 29, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, in quanto disponeva che il piano strategico nazionale della portualità e della logistica dovesse essere adottato “con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri”. Ciò in dispregio del fatto che la materia “porti e aeroporti civili” rientra tra quelle di potestà legislativa concorrente (art.117, terzo comma, Cost.), in cui l’episodica attrazione della competenza a livello statale, peraltro non contestata dalla regione ricorrente, per essere legittima deve in ogni caso prevedere forme di coinvolgimento dei livelli regionali del tutto omesse dalla disposizione impugnata. La Corte, accogliendo le tesi della ricorrente, ha rilevato che la norma impugnata rimane del tutto silente sulla questione del coinvolgimento delle regioni nell’adozione del piano laddove, per giurisprudenza costante, l’espansione dell’intervento statale nelle materie concorrenti è talvolta tollerata purché “siano previste adeguate forme di coinvolgimento delle Regioni interessate nello svolgimento delle funzioni allocate in capo agli organi centrali, in modo da contemperare le ragioni dell’esercizio unitario di date competenze e la garanzia delle funzioni costituzionalmente attribuite alle Regioni”. Almeno in tre sentenze successive il medesimo provvedimento legislativo subiva analoghe censure da parte della Consulta. La sentenza 7/2016, in particolare, provvedeva a dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, commi 2 e 4, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, “nella parte in cui non prevede che l’approvazione dei relativi progetti avvenga d’intesa con la Regione interessata”; l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 10-bis, “nella parte in cui non prevede che l’approvazione del Piano di ammodernamento dell’infrastruttura ferroviaria avvenga d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni”; l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 11, “nella parte in cui, ai fini dell’approvazione, non prevede il parere della Regione sui contratti di programma tra l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC) e i gestori degli scali aeroportuali di interesse nazionale”... (segue)



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