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FOCUS - Numero speciale 26/2016

 Crisi economica ed impatto sulle istituzioni nazionali: i punti di vista della Germania

Quella economica è solo una delle crisi multiple che colpiscono in questo momento un numero non esiguo, ma indeterminato di soggetti privati e pubblici nell’Europa e nel mondo intero. Intrecciata con quelle finanziarie, monetarie, sociali, ambientali, culturali, migratorie, politiche, istituzionali ecc., è forse la principale e principiante, ma è un fenomeno non riconducibile a un solo punto di vista, né tanto meno a un unico punto di vista nazionale. La diversificazione dei punti di vista si verifica innanzitutto quando si chiede “chi” è in crisi. Non vi è dubbio che a questo riguardo, in Germania si tenderebbe ad attribuire la crisi piuttosto alle altre esperienze nazionali, inclusa l’Italia, e alle istituzioni dell’Unione europea o della comunità internazionale, oppure al capitalismo e alla sovranità statuale tout court. Qualche scienziato politico osa parlare ormai perfino di un’egemonia tedesca, volontaria o involontaria, dovuta alla stabilità economica e politica del paese. Infatti, l’economia tedesca alla fine del 2015 risulta cresciuta del 1,7% con il tasso di disoccupazione più basso degli ultimi 24 anni e un surplus dei bilanci pubblici pari allo 0,5% del prodotto interno lordo annuo, prontamente investito nell’accoglienza dei rifugiati. L’indice OECD di felicità e life-satisfaction vede i tedeschi al di sopra della media, a ridosso dei paesi scandinavi. Le diagnosi e prognosi delle crisi riguardano più l’Eurozona, i mercati finanziari internazionali e l’economia globale rispetto alle quali l’economia tedesca, tradizionalmente improntata alle esportazioni, si considera tuttavia anche più interdipendente. La crisi economica affrontata all’interno dell’Unione europea con la strategia Europa 2020 (“smart, sustainable and inclusive growth”) sembra peraltro caratterizzata da una situazione di particolare incertezza e dissenso tra gli esperti economisti, con certezze neoliberali che si scontrano con certezze neostatalistiche di insostenibilità delle politiche di austerità. Il superamento di queste incertezze potrebbe essere anche una delle funzioni del nuovo Stabilitätsrat (art. 109° Legge fondamentale, LF) che segue attualmente anche le procedure di risanamento dei bilanci dei Länder di Berlin, Bremen, Saarland e Schleswig-Holstein, e del rispettivo comitato scientifico (Beirat) la cui attività attende ancora una evaluation scientifica. In che modo può allora contribuire la Germania alla comparazione giuridica del tema “crisi economica, istituzioni democratiche e decisioni di bilancio”? Va ricordato innanzitutto, che le crisi sono costruzioni sociali di una realtà che può essere elaborata da politiche del diritto, sviluppando dispositivi di prevenzione e dispositivi di gestione delle crisi, sia nel diritto privato sia in quello pubblico. Nel caso della crisi economica, è coinvolta anche la politica costituzionale perché attraverso istituti nuovo come il consiglio di stabilità e il freno all’indebitamento si ricerca anche una stabilizzazione della polity, cioè una (ri-)costruzione della sovranità dello Stato rispetto al mercato, parte della sua identità costituzionale nel diritto UE. Nel caso della Germania si propone pertanto una ricostruzione storica dell’impatto delle crisi economiche sulla definizione delle norme costituzionali e viceversa dell’impatto delle norme costituzionali sulla prevenzione e repressione delle stesse crisi. L’analisi di questa storia particolare consente di riflettere sulla più generale “path dependance” delle scelte politiche e tecniche relative alla prevenzione e gestione delle crisi. Fanno parte di questa storia innanzitutto le tracce delle crisi economiche lasciate nei dispositivi della Legge fondamentale a più riprese riformate, ma anche le dottrine che hanno in parte anticipato, in parte accompagnato gli sviluppi della giurisprudenza costituzionale sullo sfondo di uno sviluppo economico con momenti sia neokeynesiani sia neoliberali. Una conclusione anticipabile è che il modello dell’economia sociale di mercato richiamato nel trattato di Lisbona nasce come insegnamento tratto da storie comuni di crisi economica, ma ha assunto significati giuridici più deboli rispetto alla tutela dei diritti economici. Un’altra è che l’attivismo dei giudici costituzionali tedeschi in materia tributaria e finanziaria è cresciuto sin dalla riunificazione contribuendo a renderla “sostenibile” e con i “conti in ordine”, ma ha anche attirato delle forti critiche e trova concorrenti a Strasburgo e Lussemburgo che ne riducono lo spazio. In generale, l’impressione è che l’attivismo dei giudici costituzionali come supervisori dei crisis manager abbia superato il suo apice. Se si guarda infatti all’impatto della crisi economica sulla democrazia, si potrebbe concludere che le istituzioni democratiche sono anche in Germania percepite come indebolite nonostante il soccorso dei giudici costituzionali. E lo Stato sociale del diritto è stato riformato e consolidato, ma una vittima potrebbe essere il federalismo... (segue)



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