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NUMERO 2 - 25/01/2017

 Coesione territoriale e Città metropolitane: le sollecitazioni comunitarie e le difficoltà italiane

Accostarsi alle città metropolitane vuol dire riflettere sull’ente più recente e, al contempo, più originale comparso nel panorama italiano delle autonomie territoriali: sconosciuto al disegno organizzativo tradizionale, perché incompatibile con il processo, centralistico e omologante, di unificazione amministrativa, affiora a livello normativo con la riforma dell’ordinamento degli enti locali del 1990 (l. 8.6.1990, n. 142) ed è valorizzato al punto da ricevere dignità costituzionale quale ente costitutivo della Repubblica al pari degli altri enti territoriali, con la riforma del titolo V della Costituzione del 2001. Eppure, questa configurazione è disattesa nell’esperienza successiva e il nuovo ente diviene esempio di clamorosa inattuazione del dato costituzionale, destinato a una lunga attesa prima dell’effettivo avvio, finalmente garantito dalla l. 7.4.2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni – cd. legge Delrio), che pure ribadisce ed anzi enfatizza la centralità dell’ente nel governo locale. Un istituto, dunque, dai percorsi impervi e dalle tante sfaccettature, che rispecchia le difficoltà di identificazione e di soluzione di quello che è stato efficacemente descritto come il «rebus» delle aree metropolitane e che, in controluce, lascia trasparire i nodi irrisolti del processo di unificazione amministrativa nazionale e, per questa via, la permanente esigenza di scomporre e ricomporre il tradizionale mosaico del governo locale. Un istituto, inoltre, che si presta ad essere punto di osservazione significativo del tema, di matrice comunitaria, della coesione politico-territoriale. Come noto, la prospettiva dell’Unione europea irrompe nella tradizionale dialettica tra il livello territoriale statale (il ‘centro’) e i livelli regionali e locali (le ‘periferie’) e ne modifica le relazioni, assumendo gli enti locali come parti dirette e privilegiate nel processo di integrazione europea, capaci di dialogare tra di loro e con le istituzioni comunitarie, oltrepassando le tradizionali barriere, geografiche e amministrative, statali. La coesione politico-territoriale si pone come complemento e potenziamento degli obiettivi di coesione economica e sociale dell’Unione, cui attribuisce una dimensione trasversale, valida per tutto il territorio e per l’insieme delle politiche comunitarie, e la sua nozione condensa le finalità di riduzione delle «disparità esistenti» e prevenzione degli «squilibri territoriali», di maggiore coerenza delle «politiche settoriali, che hanno un impatto territoriale» e della «politica regionale», di miglioramento «dell’integrazione territoriale e «promozione della cooperazione tra regioni». Nel disegno comunitario l’obiettivo primario della costruzione, mediante integrazione, di un modello autonomo e unitario è perseguito prestando attenzione a non «appiattire le identità locali e regionali» perché esse «contribuiscono ad arricchire la qualità di vita dell’intera cittadinanza europea», nella consapevolezza che ogni specificità territoriale è «fonte di crescita». Questo percorso di ‘integrazione per differenze’, volto al raggiungimento dell’unità nel rispetto delle diversità – non solo ‘nazionali’, ma anche ‘regionali’ – si riflette nella nozione di coesione territoriale, che a seguito del Trattato di Lisbona, è assurta a dimensione stabile della politica di coesione europea (art. 4, par. 2, lett. c, T.F.U.E.) e specifico ambito di intervento (artt. 174-178 T.F.U.E.). In questo contesto si collocano le città metropolitane in virtù della loro vocazione europea. Il modello dà la rappresentazione di aree ben determinate del territorio nazionale, che spiccano perché sono le più avanzate sul piano socio-economico. Esse, in quanto figlie del processo di industrializzazione del secolo scorso, sono presenti in tutti gli Stati europei, per questo possono relazionarsi tra di loro in una sorta di dialogo sovranazionale, nonché possono proporsi come interlocutori diretti delle istituzioni europee nei processi di formazione e di attuazione delle politiche comunitarie. Ovviamente, l’efficacia di questa ‘missione’ dipende dal modello organizzativo configurato dall’ordinamento interno, per questo la l. n. 56/2014 assume specifico interesse anche per verificare se e come sia stata assecondata la ‘dimensione europea’ delle città metropolitane... (segue)



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