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FOCUS - Fonti del diritto N. 1 - 17/02/2017

 La fase discendente del diritto dell'Unione europea. Effetti dello 'sdoppiamento' della legge comunitaria

Dopo quattro anni di sperimentazione concreta, il nuovo modello di recepimento del diritto UE, basato su una doppia legge periodica sta mostrando buoni risultati, consentendo un sempre più tempestivo adeguamento dell’ordinamento italiano. Per comprendere tali effetti positivi - e le perplessità residue - occorre ricordare rapidamente l’evoluzione diacronica. Negli anni, l’Italia è sempre stata in affanno nel recepimento delle norme comunitarie. Così è stata pensata una procedura unitaria e cadenzata, basata su una legge periodica, per assicurare un adeguamento, (almeno nelle previsioni) tempestivo e completo, sia provvedendo direttamente, sia predisponendo il quadro di ri­ferimento per delegare l’attuazione ad altri organi (Governo e Regio­ni), sia ponendo attenzione alla fase ascendente. L’idea della legge comunitaria nacque con la legge La pergola nel 1989 e poi venne rivista nel 2005. Il meccanismo annuale, dopo una indispensabile fase di rodaggio, è riuscito a garantire un migliore adeguamento dell’Italia alle norme comunitarie, anche se è apparso “farraginoso” - nel senso che spesso le «leggi comunitarie» hanno rappresentato solo uno spostamento cronologico e una dispersione dei centri di imputazione dell’attuazione - ed ha comunque confermato la scarsa partecipazione parlamentare all’intero processo di formazione e recepimento degli atti normativi (per un quadro sui diversi aspetti, cfr. Celotto, Legge comunitaria, in Enc giur., XVIII, Roma, 1995; Lupo, Il riordino normativo nelle leggi comunitarie tra buone intenzioni e occasioni mancate, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1998, 963 ss.;  Pitino, Verso una nuova legge comunitaria. Stato e Regioni tra l’attuazione del titolo V e il nuovo trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, Torino, 2005; Gennusa, Legge comunitaria, in Dizionario di diritto pubblico, diretto da S. Cassese, Milano, 2006; Baroncelli, La partecipazione dell’Italia alla governance dell’Unione europea nella prospettiva del Trattato di Lisbona. Un’analisi delle fonti del diritto nell’ottica della fase ascendente e discendente, Torino, 2008; Astone, Il processo normativo dell'Unione Europea e le procedure nazionali per l'esecuzione degli obblighi comunitari, Torino, 2008;  Olivetti, I Parlamenti nazionali nella vita dell’Unione europea, in Digesto delle discipline pubblicistiche, Aggiornamento, Utet, Torino, 2012). Più di recente, la Corte di giustizia ha ulteriormente affinato i meccanismi alternativi al recepimento, lavorando non più solo sulla diretta applicabilità (che prende origine dalle sentt. 6 ottobre 1970, causa 9/70, Franz Grad c. Finanzamt Traunsteins, e 17 dicembre 1970, causa 33/70, SACE c. Ministero delle finanze; e viene sviluppata nella sent. 4 dicembre 1974, causa 41/74, Van Duyn c. Home Office); e sulla responsabilità patrimoniale degli Stati nei confronti dei singoli per i danni provocati dalla mancata (o cattiva) attuazione (secondo l’orientamento avviato con la sent. 19 novembre 1991, cause C- 6/90 e 9/90, Francovich c. Repubblica italiana); ma anche sull’ obbligo dei giudici nazionali di interpretare la normativa nazionale anche alla luce delle direttive non attuate (si tratta dei cd. effetti indiretti delineati a partire dalla sent. 13 novembre 1990, causa 106/89, Marleasing S A c. La Comercial Internacional alimentaciòn); e sull’esigenza per gli Stati di astenersi dall'adottare disposizioni che possano gravemente compromettere la realizzazione del risultato indicato dalla direttiva, fino ad ammettere profili di “pre-conformazione” (dalla sent. 18 dicembre 1997, causa C-129/96, Inter Environnement Wallonie ASBL). Poi la Commissione europea ha cominciato a rendere sempre più severe le procedure di infrazione, con il meccanismo degli artt. 258 e 260 TFUE e le sanzioni pecuniarie... (segue)



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