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NUMERO 6 - 22/03/2017

 I servizi pubblici locali privi di interesse economico

Se ci si chiede come siano individuati i servizi privi d’interesse economico generale e, in particolare, quelli locali nella recente legislazione nazionale, si può constatare che non vi si trova alcuna definizione di tali servizi. Il testo del decreto legislativo recentemente approvato dal Governo, recante il Testo Unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale, in attuazione della delega conferita dal comb. disp. degli artt. 16 e 19 della legge 7 agosto 2015 n. 124 (Delega al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), in relazione all’oggetto proprio della delega, intende considerare soltanto, all’art. 2 comma 1 lett. a), la figura dei “servizi di interesse economico generale di rilievo locale”. E bensì vero che si tratta di un decreto che non è stato ancora licenziato per effetto della sentenza n. 251 del 2016 della Corte costituzionale, che ha sancito l’illegittimità della legge delega nella misura in cui quest’ultima non ha previsto meccanismi di leale collaborazione, pur in presenza di una materia non esclusivamente riconducibile alla competenza statale ma all’intreccio inestricabile di attribuzioni statali e regionali. Ciò premesso, pare comunque possibile svolgere la nostra analisi considerando che la concertazione Stato Regioni verosimilmente non toccherà l’assetto definitorio del decreto (che peraltro, come vedremo, appare imposto in larga misura da altre differenti indicazioni legislative, come quelle relative alle società pubbliche). Tornando alla disposizione suindicata per definire i s. i. e. g. di ambito locale (o servizi pubblici locali di interesse economico generale) si rinvia alla definizione data dal d. lgs. n. 175 del 19 agosto 2016, (recante il nuovo ordinamento delle società a partecipazione pubblica, emanato in attuazione della delega conferita dall’art. 16 della stessa legge n. 124) stabilendo che sono tali “i servizi di cui all’art. 2 comma 1 lett. h (del predetto decreto) che i comuni e le città metropolitane, nell’ambito delle rispettive competenze, assumono come necessari per assicurare la soddisfazione dei bisogni delle collettività di riferimento, così da garantire l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale”. Formalmente il rinvio è riferito alla sola lett. h) ma sembra essere il frutto di un manifesto errore essendo i s. i. e. g. definiti specificamente alla lettera i) del decreto, in combinato disposto con la stessa lett. h).  Infatti, l’art. 2 comma 1 lett. h),  definisce i servizi di interesse generale come le “attività di produzione e fornitura di beni o servizi che non sarebbero svolte dal mercato senza un intervento pubblico o sarebbero svolte a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza, che le amministrazioni pubbliche, nell'ambito delle rispettive competenze, assumono come necessarie per assicurare la soddisfazione dei bisogni della collettività di riferimento, così da garantire l'omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale, ivi inclusi i servizi di interesse economico generale” ma è la lett. i) dello stesso articolo che specifica poi che sono “servizi di interesse economico generale: i servizi di interesse generale erogati o suscettibili di essere erogati dietro corrispettivo economico su un mercato”. La nozione di servizi di interesse economico generale di ambito locale non può che ricavarsi, quindi, da entrambe le lettere h) e i) dell’art. 2 del Decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175. Combinando le due lettere si può dire che siano tali i “servizi di interesse generale erogati o suscettibili di essere erogati dietro corrispettivo economico su un mercato che i comuni o le città metropolitane, nell’ambito delle rispettive competenze, assumono come necessari per assicurare la soddisfazione dei bisogni delle collettività di riferimento così da garantire l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale”. Come si vede, nel Testo Unico sui servizi pubblici locali, come del resto in quello relativo alle società pubbliche, non si dà una definizione di servizi privi di interesse economico. Tuttavia, pare possibile ricavare a contrario dalla nozione di servizi di interesse economico generale di ambito locale la nozione di servizi privi di interesse economico e di precisare quale sia la disciplina che ne può derivare. A tal fine occorre peraltro preliminarmente riflettere su come il legislatore abbia delineato la figura dei servizi di interesse economico generale di ambito locale (SIEG).  Ad un primo esame pare di poter constatare che il legislatore, seppure attraverso una nozione da identificare attraverso dei correttivi interpretativi, abbia inteso certamente recepire la figura dei SIEG dell’ordinamento europeo (la figura è infatti di derivazione comunitaria ed è una specificazione dei SIG, servizi di interesse generale), ma nell’importare la figura nel nostro ordinamento, come emerge dai testi richiamati, parrebbe avervi aggiunto dei tratti ulteriori che possono aver arricchito la figura e ampliato l’ambito di applicazione della relativa disciplina... (segue)



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