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NUMERO 9 - 03/05/2017

 Alcune riflessioni sulla opportunità di un quorum di partecipazione per il referendum costituzionale

I due referendum costituzionali del 2006 e del 2016, riferiti a leggi costituzionali di riforma organica, consentono di compiere qualche osservazione, nell'attualità, sul ruolo del referendum quale momento di garanzia nel procedimento di revisione delineato dall'art. 138 della Costituzione. C'è un dato, che accomuna le due procedure, dal quale si vuole partire. Sia nell'uno che nell'altro caso si è realizzata un'ampia partecipazione del corpo elettorale, rispettivamente del 52,46 % e del 65,47%, con un esito, in entrambe le ipotesi, contrario alla legge di riforma. Sotto questo punto di vista è agevole affermare che il referendum ha consentito di verificare che la maggioranza parlamentare assoluta, conseguita in seconda votazione, non ha trovato corrispondenza nell'equivalente maggioranza dei votanti. Se questo elemento si accompagna alla partecipazione alla consultazione, e alla correlata maggioranza dei voti contro il progetto riformatore, si può trarre un importante effetto di garanzia di tenuta della Carta costituzionale. Altrettanto agevole concludere che l'effetto di legittimazione è stato forte perchè affidato ad una volontà ampia del corpo elettorale, che ha mostrato, sul piano della partecipazione, una netta controtendenza sia rispetto alle elezioni sia, mediamente, ai referendum abrogativi. Proprio questo elemento conduce a porsi qualche domanda se possa essere opportuno, o meno, riconsiderare il tema del quorum di partecipazione. Al di là di tante ipotesi riformatrici relativamente all'art. 138 Cost., può essere utilmente osservato, innanzitutto, quanto ha costituito oggetto di positiva disciplina, seppur non trasferito poi alla fase applicativa e, quindi, dell'esperienza realizzatasi. Sulla base di questo criterio, occorre innanzitutto rivolgere l'attenzione alle due leggi costituzionali del 1993 e del 1997 e, quindi, alle tre esperienze referendarie del 2001, 2006 e 2016. Nelle leggi costituzionali del 1993 e del 1997, il referendum assume un carattere più marcatamente plebiscitario allontanandosi decisamente dal modello costituzionale. In entrambe le leggi, esso non è più previsto come facoltativo, ma è obbligatorio. Però, poi, le due discipline si diversificano. La legge cost. n. 1/1993 lo contempla come necessario per la promulgazione della legge di revisione costituzionale, ma non fissa quorum. La legge cost. n. 1/1997, approvata - va ricordato - con la maggioranza dei 2/3 dell'Assemblea, lo prevede come unico sull'intera riforma, deliberata dal Parlamento, e, per la sua validità, viene introdotto il quorum di partecipazione della maggioranza degli aventi diritto. Un referendum che si deve comunque tenere, qualunque sia la maggioranza conseguita in Parlamento... (segue)



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