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NUMERO 14 - 12/07/2017

 Portata dell'obbligo di rinvio pregiudiziale, rapporti tra giurisdizioni ed effettività del diritto dell'Unione europea tra vecchie e nuove questioni

Tra le competenze attribuite alla Corte di giustizia dell’Unione europea, quella inerente al potere di rendere pronunce in via pregiudiziale ha rivestito particolare importanza per lo sviluppo e l’applicazione del diritto dell’Unione europea (UE) e del più ampio progredire del processo di integrazione europea. Si tratta di una competenza disciplinata, come è noto, dall’articolo 267 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE) che conferisce alla Corte di Lussemburgo il potere di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sia sull’interpretazione dei Trattati e degli atti adottati dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione europea, sia sulla validità di suddetti atti. Al suo secondo paragrafo, l’art. 267 del TFUE stabilisce che una giurisdizione nazionale può sottoporre alla Corte di giustizia delle questioni pregiudiziali qualora reputi necessaria, per emanare la sua sentenza, una decisione sul punto; diversamente, ai sensi del terzo paragrafo dello stesso articolo, in capo alle giurisdizioni di ultima istanza si configura un vero e proprio obbligo di deferire la questione pregiudiziale al giudice di Lussemburgo. Attraverso la previsione di siffatto potere-obbligo di rinvio pregiudiziale, le giurisdizioni nazionali di ultima istanza vengono a rivestire ruolo centrale nel meccanismo di “cooperazione giudiziaria” che si instaura tra la Corte di giustizia e le giurisdizioni nazionali, rappresentato dal rinvio pregiudiziale, attraverso cui si realizza la corretta applicazione, l’interpretazione uniforme, nonché, in senso lato, il primato del diritto dell’Unione europea. Pur essendo un istituto “classico” del diritto dell’Unione europea, il rinvio pregiudiziale, quale strumento di raccordo tra l’ordinamento dell’Unione europea e quelli degli Stati membri, reca con sé problematiche sempre attuali. Ed infatti, il presente lavoro trae spunto da alcune recenti ordinanze del Consiglio di Stato: con la prima, il supremo organo amministrativo ha sollevato una questione pregiudiziale volta a sapere se l’art. 267, par. 3, del TFUE possa essere interpretato nel senso che non sussiste l’obbligo incondizionato di rinvio pregiudiziale (nella specie, di interpretazione) del giudice di ultima istanza qualora, nel corso del medesimo giudizio, la Corte costituzionale abbia valutato la legittimità costituzionale della disciplina nazionale, utilizzando nella sostanza gli stessi parametri normativi di cui si chiede l’interpretazione alla Corte di giustizia; con la seconda e la terza, invece, si pongono questioni concernenti il potere-dovere delle Sezioni semplici del Consiglio di Stato di deferire questioni pregiudiziali alla Corte di Lussemburgo a seguito dell’intervenuta pronuncia, in punto di diritto, dell’Adunanza plenaria dello stesso Consiglio di Stato. Complessivamente analizzate, suddette ordinanze sollecitano alcune riflessioni sulla portata dell’obbligo di rinvio pregiudiziale, sui rapporti con le questioni incidentali interne precedentemente sollevate – rispetto al rinvio pregiudiziale – dal Consiglio di Stato alla Corte costituzionale e all’Adunanza plenaria dello stesso Consiglio di Stato... (segue)



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