Le elezioni britanniche sono state già variamente commentate in modo puntuale ed esaustivo in molte sedi. Segnalo in particolare la lettura di Giulia Caravale sul sito di Dpce. Si tratta del secondo risultato a sorpresa dopo quello del referendum sulla Brexit, che fino agli ultimi giorni quasi nessun sondaggio (tranne quelli di You Trend) aveva previsto. L’elettorato nel quale ha pescato il Labour nel suo recupero della fase finale (l’elemento che ha modificato i sondaggi) pare essere stato quello dei giovani, dei “remainers” e dei “soft brexiters” e della working class. Il titolo del mio intervento fa comunque perno su quella “e” che invita a cogliere le connessioni tra i dati e le conseguenze. Ciò mi risparmia pertanto di ripetere cose a questo punto largamente scontate. Segnalo solo, ai nostri fini, come il risultato complessivo risulti dalla somma di tre dinamiche territoriali piuttosto diverse: -in Inghilterra e nel Galles il trend è il medesimo di rafforzamento dei Laburisti il cui saldo netto è rispettivamente di 21 seggi e del 10,3% dei voti in Inghilterra, di 3 seggi e del 12,1% dei voti in Galles; i Conservatori salgono in voti ma perdono in seggi in modo quasi corrispondente; tutti gli altri si svuotano (o addirittura scompaiono come l’Ukip per raggiunto scopo), tranne i Liberali in Inghilterra che guadagnano 2 seggi; -in Scozia c’è un crollo dei regionalisti anti-Brexit e sostenitori di un secondo referendum sulla secessione (meno 13,1% dei voti e 21 seggi) a favore soprattutto dei Conservatori che raddoppiano in voti (28,6%, più 13,7% e 12 seggi aggiuntivi); senza questo risultato il partito della signora May sarebbe stato in ben altre difficoltà, ma proprio esso rafforza all’interno del Partito la componente scozzese, l’unica che possa presentarsi come vincitrice... (segue)
Uguaglianza e differenza: la difficile cittadinanza delle donne
Stefano Ceccanti (20/03/2024)